Campione d´inverno, nel basket, è la Benetton: non da ieri. E piuttosto, dalla virata di boa dell´andata, s´attendeva un´altra sentenza: quali otto squadre si giocheranno a Forlì, dal 18 al 22 febbraio, la Coppa Italia. Le prime 8, appunto, di questa classifica dell´andata. L´ultima a saltar dentro è stata ieri Milano, travolgendo Pesaro, e avremo dunque, in primo turno, Treviso-Reggio Calabria, Napoli-Siena, Cantù-Milano, Roseto-Roma. Manca clamorosamente Bologna, con entrambe le sue dame sdrucite, ed è una novità, visti i primati di Basket City, e soprattutto della Virtus: 8 Coppe Italia vinte, come nessuna, le sei ultime finali di fila disputate.
Bene, stavolta la Virtus non c´è, malinconica decima in campionato, alla vigilia d´altri clamorosi ribaltoni, e non c´è neppure la Fortitudo: ad accomunarle, assieme alla modestia del gioco e dei risultati, pure il cambio di panchina, l´una da Tanjevic a Bianchini, l´altra da Boniciolli a Repesa. Inutili, per adesso. Detto che manca pure la Scavolini, sono tre grandi colpevolmente assenti, e sono pure, adesso, la minaccia che, al Palafiera di Forlì, s´udranno urla nel silenzio. Bologna e Pesaro erano le ultime città che spostavano tifosi, soprattutto in una sede così vicina. Le altre, in passato, l´hanno fatto pochissimo, e si rischia dunque una coppa per pochi intimi. Decima, si diceva, la Virtus, non è molto più ricco il nono posto della Fortitudo, che ieri ha vinto solo perché Varese, un´altra nobile decaduta, perdeva i pezzi: avanti di 14 a 8´ dalla fine, la Metis s´è fatta infilare un 22-3 da una Skipper orribile e appena efficace in quella rincorsa. Non pare proprio l´anno di Basket City.
E allora, che anno è, almeno visto nel girone ascendente? L´anno di chi ha cambiato poco o niente, e dovrebbe essere una lezione nota dello sport, anche se poi tutti si scatenano al mercato come fosse il fantacalcio. Ha cambiato poco la Benetton, che domina, ed è stato bravo anche Messina, subentrando a D´Antoni, a ritoccarne al minimo i principi: più difesa, certo, nel credo dell´ex coach della Virtus, ma in attacco eguale sbrigliatezza e semplicità. Ma è l´anno, soprattutto, di Cantù, che ieri ha vinto a Trieste all´ultimo tiro, ma è una seconda forte e degna (e ha battuto pure Treviso, quando le è toccata). Cantù è la strana e felice anomalia di un basket nel vicolo cieco, piccona molti luoghi comuni, ma presto o tardi la faranno chiudere. Forte di quattro americani e vari altri passaporti anglosassoni, li dovrà cacciare quando i dazi a salvaguardia dell´inesistente prodotto italiano faranno serrare le frontiere. In realtà arriveranno solo, a prezzi più alti, comunitari veri e fasulli e gli italiani giocheranno solo se buoni, e non protetti. Poi, secondo stereotipo, dopo il boom d´un anno fa, i mercenari americani dovevano batter cassa o andarsene dal miglior offerente. Invece Stonerook e Hines, McCullough e Thornton sono rimasti lì e giocano meglio d´un anno fa.
Walter Fuochi
Bene, stavolta la Virtus non c´è, malinconica decima in campionato, alla vigilia d´altri clamorosi ribaltoni, e non c´è neppure la Fortitudo: ad accomunarle, assieme alla modestia del gioco e dei risultati, pure il cambio di panchina, l´una da Tanjevic a Bianchini, l´altra da Boniciolli a Repesa. Inutili, per adesso. Detto che manca pure la Scavolini, sono tre grandi colpevolmente assenti, e sono pure, adesso, la minaccia che, al Palafiera di Forlì, s´udranno urla nel silenzio. Bologna e Pesaro erano le ultime città che spostavano tifosi, soprattutto in una sede così vicina. Le altre, in passato, l´hanno fatto pochissimo, e si rischia dunque una coppa per pochi intimi. Decima, si diceva, la Virtus, non è molto più ricco il nono posto della Fortitudo, che ieri ha vinto solo perché Varese, un´altra nobile decaduta, perdeva i pezzi: avanti di 14 a 8´ dalla fine, la Metis s´è fatta infilare un 22-3 da una Skipper orribile e appena efficace in quella rincorsa. Non pare proprio l´anno di Basket City.
E allora, che anno è, almeno visto nel girone ascendente? L´anno di chi ha cambiato poco o niente, e dovrebbe essere una lezione nota dello sport, anche se poi tutti si scatenano al mercato come fosse il fantacalcio. Ha cambiato poco la Benetton, che domina, ed è stato bravo anche Messina, subentrando a D´Antoni, a ritoccarne al minimo i principi: più difesa, certo, nel credo dell´ex coach della Virtus, ma in attacco eguale sbrigliatezza e semplicità. Ma è l´anno, soprattutto, di Cantù, che ieri ha vinto a Trieste all´ultimo tiro, ma è una seconda forte e degna (e ha battuto pure Treviso, quando le è toccata). Cantù è la strana e felice anomalia di un basket nel vicolo cieco, piccona molti luoghi comuni, ma presto o tardi la faranno chiudere. Forte di quattro americani e vari altri passaporti anglosassoni, li dovrà cacciare quando i dazi a salvaguardia dell´inesistente prodotto italiano faranno serrare le frontiere. In realtà arriveranno solo, a prezzi più alti, comunitari veri e fasulli e gli italiani giocheranno solo se buoni, e non protetti. Poi, secondo stereotipo, dopo il boom d´un anno fa, i mercenari americani dovevano batter cassa o andarsene dal miglior offerente. Invece Stonerook e Hines, McCullough e Thornton sono rimasti lì e giocano meglio d´un anno fa.
Walter Fuochi
Fonte: La Repubblica