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La sinfonia di Milano stordisce Pesaro

La Pippo supera la Scavolini ed entra nelle finali di Coppa Italia

Sembrava dovesse essere il gran falò della Befana, l’ultima giornata del girone di andata. Con molte squadre ad incendiare gli animi per aprirsi l’ultimo varco disponibile per infilarsi nella «Final Eight» di Coppa Italia. Sette posti già assegnati, uno soltanto in ballottaggio... Ammesso che Milano perdesse in casa con Pesaro. D’altra parte, ipotesi fascinosa, visti i trascorsi bellicosi di queste due eterne duellanti. In passato, però. Poiché allo stato attuale dell’opera, quella suonata da Milano è stata lirica pura di basket, una gran bella sinfonia che ha lasciato i «rossiniani» pesaresi storditi e, soprattutto, senza uno spartito decente. Cento ipotesi, si erano fatte sul piano statistico, se la Pippo perde... Invece una statistica ha spazzato via tutte le altre: Petar Naumoski, 36 punti in 31’, più 8 assist. Petar il Grande ha ucciso la partita, nella sera in cui Milano tutta è tornata bella e impossibile, da avvicinare. Un gelato al veleno, per Marco Crespi, il coach che all’Olimpia deve tutto e avrebbe voluto mangiare il vitello grasso del figliol prodigo. Si è dovuto ingoiare, invece, 32 punti di scarto (73-45) dopo 32 minuti di gioco.
La Pippo ha giocato la sua miglior partita stagionale sotto il profilo dell’equilibrio tra gioco interno ed esterno. Alle prodezze di Naumoski, e alla regia perfetta di Coldebella, infatti si è aggiunto il dominio assoluto di Kidd sotto tabella (14 rimbalzi, e i primi 7 punti consecutivi), nonché l’utilità di Alberti e il passaggio da specialista di Rancick nel terzo quarto (7 punti consecutivi). Surclassata nel gioco, Pesaro ha tentato la sorte al luna-park delle triple, ma l’increscioso 1/12 del primo tempo diceva che non era sera.
Pippo ha ballato anche risparmiando l’acciaccato Hugo Sconochini, e la sua forza difensiva, l’intensità con cui i milanesi hanno ristretto gli spazi, risulta evidente dalla marea di sfondamenti cui sono stati costretti i pesaresi per liberarsi dall’accerchiamento.
Con la sconfitta della Viola Reggio Calabria (onorevole, 68-76, considerando che aveva di fronte la Benetton) Milano fa il salto della quaglia, guadagnando 2 posti in classifica, finisce settima... E non fa salti di gioia. Significa che il quarto di finale nel «trial» di Coppa Italia, il 18 febbraio a Forlì, sarà scontro fratricida con l’Oregon Cantù, che è passata sui nervi, all’ultimo respiro, anche a Trieste. Dimostrandosi squadra famelica e feroce, che non conosce appagamento.
Una pesante riflessione merita la gara di Bologna, dove la Skipper ha vinto, ma ancora una volta non ha convinto, confusa dalla zona della Metis, che è stata battuta solo per l’emorragia di uomini (infortunio a LaRue, caviglia, e Scott, naso rotto). Se la squadra, in campo, ha salvato l’onore, i suoi tifosi sugli spalti hanno toccato il fondo, un vero abisso di ignominia, non trovando di meglio che inneggiare alla strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Sono decenni che una frangia del tifo varesino (rifiutiamo con sdegno l’alibi della loro esiguità numerica) si connota per atti di pura e semplice «bestialità»: possibile che non riusciamo a toglierci di torno questi animali?
Werther Pedrazzi
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