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Bologna, un brusco risveglio

Il basket ha perso la sua oasi

BOLOGNA — Ben che vada, Bologna avrà una squadra sola in Coppa Italia. Per giunta, promossa da differenze canestri, classifiche avulse e sconfitte altrui: come al Monopoli, più che alle probabilità siamo agli imprevisti. Sarà anche un problema da poco per chi ha vinto di tutto e di meglio, ma è comunque il segnale di un arretramento. Perlomeno rispetto all'ultimo decennio, nel quale l'Emilia, quando non ha fatto da padrona, è stata come minimo un crocevia.
Bologna abbassa il profilo. Non è una scoperta di adesso, ma un sintomo avvertito fin dalle rivoluzioni estive: pur partendo da necessità diverse (l'addio a fenomeni come Ginobili e Jaric e al tecnico più vincente della sua storia, Messina, in casa Virtus; la forte riduzione del budget in casa Fortitudo con la partenza di Fucka), le due care nemiche hanno prodotto finora lo stesso risultato. Una stagione mediocre.
Bologna fuori dalla parte nobile della classifica, allo stesso livello di Trieste costata un terzo della Skipper e molto meno ancora della Virtus. Bologna che ha perso la serenità subito e non se l'è più data: il cambio dell'allenatore da parte di entrambe è lì a raccontarlo. Bologna che, in una crisi comune, ha comunque facce diverse. E' cambiata l'aria alla Virtus. Come società: gli investimenti non mancano, ma l'ultima squadra è stata fatta tirando a prenderci. E anche come pubblico: dal salotto del basket prima è sparito il galateo (l'aggressione al presidente, gli striscioni contro il nuovo tecnico Bianchini), poi gli abbonati. E' cambiata anche l'aria alla Fortitudo. Come squadra: via i milordini dalle tasche gonfie, dentro tanti giovanotti in cerca d'autore. Col vantaggio di garantire un futuro alla società, ma pure il limite di non darle la certezza del presente.
Non c'è più la Bologna monolitica targata Virtus, forte della fedeltà del pubblico e arricchita dallo sponsor: quest'ultimo ancora manca, era stato promesso per Natale, senza peraltro chiarire di quale anno. Non c'è più la Bologna moderna targata Fortitudo, oggi veloce solo a rifugiarsi nei silenzi stampa utili ad infastidire chi investe nel basket per avere immagine. Fuori Bologna, è tutto lo sport dei canestri ad andare sotto esame: la Coppa Italia è il primo. Affraccandosi dal derby, ha finalmente l'occasione per smentire un luogo comune mai digerito: senza Bologna, non c'è basket.
Non c'è Bologna, ci sono le ritrovate Milano e Roma: chissà se basterà. Anche perché la missione è impegnativa: un anno fa, dei 3700 spettatori di media alle Final Eight, più della metà li garantirono Bologna e Pesaro, altra grande assente. Triste, ma vero: anche con la sua assenza, l'ex capitale dei canestri rischia di lasciare il segno.
Angelo Costa
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