Un affare maledettamente serio, questa Oregon Cantù che gioca al gatto col topo contro Roma (88-71), lasciandola avvicinare ad un punto (54-53), senza un tremore, sapendo che senza l’inventore Myers e l’imprevedibile Tonolli la legione di Pierluigi Bucchi non avrebbe potuto scalare la collina. Si sono difesi strenuamente Daniel Santiago, uomo di fede, e Alex Righetti, perché ha la lotta nel Dna di un padre campione di pugilato. Ma non c’è stato più nulla da fare quando Sam Hines ha strappato la spada dalla roccia e con la magica lama affondato i suo fendenti senza pietà: 27 punti nei primi 20’, più della metà del totale di un Oregon già in fuga travolgente (50-33) all’intervallo. Magia nera, quella del cobra americano, movenze fulminanti e morso letale, 5/5 da 2 punti, 5/6 da 3 e 2/2 ai liberi, con 32 di valutazione: a metà gara le sue cifre erano già quelle di un’intera partita eccezionale. Poi Sam si è ritirato in buon ordine (solo 2 punti) lasciando campo a Bootsy Thornton, il vero Harry Potter della favola brianzola, una guardia, un folletto che ha catturato 14 rimbalzi. Ecco il punto: l’Oregon è una squadra che non sai da che verso prendere.
A metà guerra le legioni romane inchiodate nel vallo brianzolo, intrappolate e confuse. Mentre sembravano esaurite anche le scorte alimentari, avendo già tentato, in avvio, la difesa a uomo ed anche, al manifestarsi del primo accenno di fuga dell’Oregon, 22-12 al 7’, il disperato arrocco nel castello della zona. Un castello di sabbia eroso dalla risacca di Thornton (13 punti) e spazzato via dall’onda anomala di Hines.
Pierluigi Bucchi capiva di non poter risalire la collina maledetta e per la ripresa si affidava alla pattuglia di arcieri: Roma si giocava tutto alla roulette russa del tiro pesante. Due volte Tusek e due Righetti, botto su botto Roma sembrava incrinare la sicurezza di Cantù, e quando Horace Jenkins infilava anche la sua, a molti sembrava di aver soltanto sognato una Oregon bellissima, mentre la realtà del tabellone luminoso diceva che era tutto da rifare: 54-53, quando mancavano 2’09 alla fine del terzo quarto. Ma lo sforzo della rimonta costava caro a Jenkins e Bonora, che finivano fuori per falli e Roma si trovava senza play, costretta a mandare sul campo il giovane Morabito. Sogno illusorio era quello della rimonta romana, perché Cantù riprendeva a volare. Nel minuto finale del terzo tempo, Jones e Thornton firmavano un 7-0 con il gong che salvava Roma dal k.o. definitivo, che puntuale arrivava un minuto dopo con la schiacciata volante di Stonerook (69-55), e fino al termine sempre e soltanto Cantù: sesta vittoria consecutiva, 10 nelle ultime 11 gare. Un secondo posto che fa tremare anche Treviso.
Werther Pedrazzi