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I personaggi che hanno reso grande Treviso

L'udinese Pressacco racconta le sue dieci stagioni da play biancoverde

Un'ora e mezza di colloquio con Paolo Pressacco, l'indimenticato play udinese della Liberti, prima, e della Benetton, poi, per un totale di dieci stagioni a Treviso, si trasforma in un piacevole excursus storico per il quale servirebbe, come minimo, una pagina di giornale.
«Paolino», attuale responsabile del settore giovanile della Benetton, 287 presenze in biancoverde per un totale di 1.690 punti, nasce a Udine il 12 gennaio del 1957. Cresciuto nel vivaio della Snaidero, con la quale compie tutta la trafila delle squadre giovanili, conquista nel 1976 il titolo nazionale juniores a Brà, venti giorni dopo il terribile terromoto del 6 maggio, superando in finale, Rieti, guidato da Roberto Brunamonti. Un quintetto nel quale c'erano giocatori del calibro di Giampietro Savio, Stefano Andreani ed Ezio Riva. «Nella prima squadra, guidata da De Sisti», racconta Pressacco, «nel mio ruolo c'erano Giorgio Giomo e Paolo Viola, contro i quali non potevo competere e, così, Rino Snaidero decise di darmi in prestito a Padova, in B/1. Lì provai, dopo aver conseguito a Udine il diploma di geometra, a frequentare la facoltà di geologia, ma, dopo un po', mi resi conto che era impossibile conciliare lo studio con lo sport. Nel 1978 De Sisti - coach a Treviso in B - che mi conosceva dai tempi di Udine, chiese ed ottenne Aldo Ermano, Ezio Riva ed il sottoscritto. Noi tre udinesi ci aggiungemmo, nel quintetto base, a capitan Zin e Dolfi, con Bochi e Pin Dal Pos come primi cambi. Vincemmo la stagione regolare con 6 punti di vantaggio e, poi, nei playoff, conquistammo la promozione in A/2 battendo per 2-1 la Magniflex Livorno».
Cosa ti ricordi della partita decisiva giocata al mitico Natatorium?
«Fu una settimana un po' particolare: dopo aver perso, in garadue, di uno a Livorno, ci ritrovammo con due giocatori infortunati. Dolfi si ruppe lo scafoide, mentre io patii una dolorosissima distorsione alla caviglia destra. In qualche modo, entrambi riuscimmo ad essere in campo: Carlo, fatto impensabile in questi anni, giocò addirittura con una stecca. E, con una grande forza di volontà, riuscimmo a vincere e salire in A/2. E fu una grandissima festa per tutta la città».
Due anni in A/2 ed ecco, la prima storica promozione in A/1.
«Erano tempi davvero stupendi per il basket triveneto con i celebri derby contro Venezia, Mestre, Udine, Gorizia e Pordenone. Erano i giorni durante i quali squadra e tifosi erano praticamente una cosa sola: ci si ritrovava tutti assieme ai «Due Mori» e, lì, si discuteva... Con due due americani discreti come Scheffler e Mosley, arrivammo a giocarci tutto, alla penultima partita, al Natatorium, contro Caserta. In caso di vittoria è A/1, altrimenti dobbiamo andare ad espugnare l'Arsenale contro la capolista Reyer di Dalipagic e Haywood. Alla fine del primo tempo, i campani chiudono in vantaggio di 17 punti. Durante l'intervallo, De Sisti fa tremare i muri dello spogliatoio e, negli ultimi 20 minuti, grazie ad una grandissima difesa, diamo a Caserta un parziale di 33 punti e vinciamo la sfida di 15».
I successi contro Livorno e Caserta sono le partite che ricordi con maggior affetto. Quali sono, invece, gli episodi che vorresti cancellare dalla memoria?
«Sicuramente i due incontri dei playoff del 1989, l'ultima mia stagione in biancoverde. Avevamo una squadra di tutto rispetto con Macy, del quale ero il primo cambio, Iacopini, Vazzoler, Gay e Minto. Era una squadra forte, guidata da Riccardo Sales, alla terza stagione alla Benetton. Conquistammo il quarto posto, il migliore, fino a quel momento, in regular season, ma, poi, nei quarti di finale, incontrammo la Milano di D'Antoni, Meneghin, Mc Adoo, Pittis e Premier. Affrontammo la prima partita al Palaverde supponenti e timorosi. La loro maggior esperienza fece il resto: in garadue, com'era prevedibile, non ci fu storia. Fu molto triste, anche perchè a Milano disputai anche l'ultima partita con la Benetton».
Cambiamo argomento, nel vivaio della Benetton c'è qualche giovane interessante?
«Fra i cadetti c'è Gino Cuccarolo, un pivot dell' '87 che può diventare il nuovo Marconato. Massimo Volpato e Francesco Cuzzolin (i due preparatori atletici, ndr) hanno fatto un ottimo lavoro su di lui e, nonostante la sua stazza da 2 metri e 12, è molto mobile e lo abbiamo impostato, pensiamo, nella giusta maniera perchè possa imporsi in futuro. Non per niente, è già stato convocato, assieme ad Alberto D'Incà, Fabio Miattello e Rudi Vazzoleretto, nella nazionale cadetti, dove collabora anche il nostro Fedrigo. Quanto agli altri nazionali, fra gli juniores abbiamo Stefano Borsato e Patrick Baldassare e, nell'Under 20, Giacomo Sereni».
Quant'è cambiato il basket rispetto ai tuoi tempi?
«Tantissimo: ora è un gioco molto più fisico, atletico e dinamico. Difficilmente riuscirei a star dietro a play sguscianti come Edney o Bulleri, ma loro hanno la fortuna di lavorare con un preparatore atletico come Cuzzolin...».
Davide Vatrella
Fonte: La Tribuna
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