Una volta nello sport si definiva «fedele luogotenente» la persona della quale l'allenatore si poteva ciecamente fidare: la Benetton ne ha due, Renato Pasquali e Lele Molin. Entrambi si stanno avvicinando ai tre lustri di fedeltà, assistenti di tanti coach a cui hanno dispensato mille consigli ed osservazioni. Ma, in realtà, dei due chi è il reale vice di Ettore Messina?
Risponde Pasquali: «Nessuno, nel senso che lo siamo entrambi, alla pari», taglia corto Renato, che con Messina ha lavorato già otto anni, dall'89 al '93 in Virtus e dal '94 al '97 in Nazionale. Hai notato in lui delle differenze dai tempi di Bologna? «Sicuramente. Oggi Ettore, grazie all'esperienza accumulata, dimostra più sicurezza in ciò che fa e in cui crede».
«Un maggiore controllo dello stress e delle varie situazioni che si creano in partita, anche nei momenti più difficili. L'avevo cominciato a capire già dalla Nazionale, e glielo dissi, un giorno. A Treviso l'ho ritrovato ancora più maturo. Vi faccio un esempio: ad Istanbul nel primo quarto eravamo sotto di 20 punti, ma non ho mai avuto l'impressione che perdesse la testa, anzi ha conservato la freddezza dicendo alla squadra dove stava sbagliando. Ed i giocatori, con un allenatore che non perde la calma, non possono che trarne vantaggio».
Anche tu hai un carattere come il suo? «Per la verità, se fossi io l'head coach sarei un po' più impulsivo... Invece da assistente, se vedo che Messina è sereno, non ho motivo per non esserlo anch'io».
D'Antoni invece non sembrava molto simile a Messina. «Mike aveva dei momenti di estremo autocontrollo ed altri in cui esplodeva, ma mai, almeno pubblicamente, è andato contro un suo giocatore».
Messina e D'Antoni sono differenti in quasi tutto. «Due percorsi diversi per arrivare allo stesso traguardo: entrambi sono allenatori vincenti, pur con filosofie diverse».
E quale delle due si avvicina di più alla tua? «Nessuna, ho raccolto da tutti ciò che ritenevo positivo, cercando di restare solo me stesso e conservando la mia identità».
Una squadra che perde raramente come la vostra ha due gare di vantaggio su tutte le altre. «Io sono ottimista sul futuro: facciamo un basket molto solido, con un'identità ben precisa, tenendo conto che Messina ha in mano la squadra solo da qualche mese, anche se noto che lui sta sempre più cercando di aumentare la sua conoscenza dei giocatori».
Ora ce n'è uno nuovo da inserire. «Ritengo che con Calabria sia stata fatta una buona scelta, lui è uno che con noi può starci benissimo».
Non così Stojic: è una scommessa persa? «No, solo rinviata. Mario pensava che tutti vedessero in lui un altro Nachbar, abbiamo cercato di tranquillizzarlo, ma s'è fatto soffocare dalla pressione. Ora che è altrove, può ritrovare la fiducia».
Stavolta il rinforzo è arrivato presto. «Un rinforzo era Bell, Calabria è più un cambio».
Altre novità in futuro? «Vedremo come si mette. Ma tenendo conto del budget».
Risponde Pasquali: «Nessuno, nel senso che lo siamo entrambi, alla pari», taglia corto Renato, che con Messina ha lavorato già otto anni, dall'89 al '93 in Virtus e dal '94 al '97 in Nazionale. Hai notato in lui delle differenze dai tempi di Bologna? «Sicuramente. Oggi Ettore, grazie all'esperienza accumulata, dimostra più sicurezza in ciò che fa e in cui crede».
«Un maggiore controllo dello stress e delle varie situazioni che si creano in partita, anche nei momenti più difficili. L'avevo cominciato a capire già dalla Nazionale, e glielo dissi, un giorno. A Treviso l'ho ritrovato ancora più maturo. Vi faccio un esempio: ad Istanbul nel primo quarto eravamo sotto di 20 punti, ma non ho mai avuto l'impressione che perdesse la testa, anzi ha conservato la freddezza dicendo alla squadra dove stava sbagliando. Ed i giocatori, con un allenatore che non perde la calma, non possono che trarne vantaggio».
Anche tu hai un carattere come il suo? «Per la verità, se fossi io l'head coach sarei un po' più impulsivo... Invece da assistente, se vedo che Messina è sereno, non ho motivo per non esserlo anch'io».
D'Antoni invece non sembrava molto simile a Messina. «Mike aveva dei momenti di estremo autocontrollo ed altri in cui esplodeva, ma mai, almeno pubblicamente, è andato contro un suo giocatore».
Messina e D'Antoni sono differenti in quasi tutto. «Due percorsi diversi per arrivare allo stesso traguardo: entrambi sono allenatori vincenti, pur con filosofie diverse».
E quale delle due si avvicina di più alla tua? «Nessuna, ho raccolto da tutti ciò che ritenevo positivo, cercando di restare solo me stesso e conservando la mia identità».
Una squadra che perde raramente come la vostra ha due gare di vantaggio su tutte le altre. «Io sono ottimista sul futuro: facciamo un basket molto solido, con un'identità ben precisa, tenendo conto che Messina ha in mano la squadra solo da qualche mese, anche se noto che lui sta sempre più cercando di aumentare la sua conoscenza dei giocatori».
Ora ce n'è uno nuovo da inserire. «Ritengo che con Calabria sia stata fatta una buona scelta, lui è uno che con noi può starci benissimo».
Non così Stojic: è una scommessa persa? «No, solo rinviata. Mario pensava che tutti vedessero in lui un altro Nachbar, abbiamo cercato di tranquillizzarlo, ma s'è fatto soffocare dalla pressione. Ora che è altrove, può ritrovare la fiducia».
Stavolta il rinforzo è arrivato presto. «Un rinforzo era Bell, Calabria è più un cambio».
Altre novità in futuro? «Vedremo come si mette. Ma tenendo conto del budget».
Fonte: La Tribuna