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L´Alma Mater applaude: Messina è meglio di Pelè

Laurea ad honorem per l´ex coach Virtus, tra commozione e frecciate

Mentre Fabio Roversi Monaco legge la laudatio citando prima Dan Peterson, poi Rigaudeau e infine persino Romano Bertocchi, tifoso Virtus e messiniano doc, il dottor Ettore in elegante toga, sul punto di ricevere la sua seconda laurea, quasi sorride. Nel ventre dell´Alma Mater in Santa Lucia, ad ascoltare le parole dell´ex rettore che riassumono i passaggi del riconoscimento, almeno metà del pubblico sembra trasportato direttamente dal parterre della Virtus.
C´è l´Avvocato Porelli, c´è Achille Canna, direttore sportivo con lo stesso Porelli e con Cazzola, si siede il dottor Rimondini. E poi Villalta, Brunamonti, Enzo Grandi, preparatore atletico, Luigi Terrieri, speaker, Marco Calamai, ex collega e opinionista, Giorgio Bonaga. E naturalmente, Bertocchi: scorrono l´amicizia e la storia, più passata che presente. Ma si sa, questo è il suo ritorno a Bologna, in cattedra e non in panchina, la sua festa, in toga e fascia verde acqua, quella della facoltà di Scienze Motorie che appunto gli consegna, dopo Economia e Commercio, presa con i libri, la laurea sul campo. "Per l´alto contributo dato allo sviluppo della gestione del basket anche nei suoi aspetti manageriali", recita la motivazione.
Poi tocca a lui, ultimo dei tre laureati ad honorem di ieri, dopo Arcangeli della Valleverde, e il fisiologo Astrand. E Messina, com´è nelle sue corde, tiene il discorso migliore, a braccio, raccontando l´evoluzione del ruolo di allenatore, che tanta gloria gli ha dato fino a condurlo qui, proposto dall´ex rettore Roversi Monaco per la nomina. Spiega cosa è l´allenatore, "guida coerente ed equa". Illustra la necessità di un metodo, di trasformare i ragionamenti in istinti, di capire che il basket da insegnare è come la musica, non come l´aritmetica, e della creazione di una squadra per dirigere la squadra: fatta di altri tecnici, preparatori, perfino psicologi. E si capisce in pochi passaggi perché lo vogliano alla Bocconi per spiegare come si organizzano le risorse umane.
Si capisce anche quanto sia commosso e allegro, alla fine, nella parata conclusiva che annuncia l´uscita di scena e l´epilogo della cerimonia. Per lui più applausi di tutti, anche più che per Pelè. Soprattutto in fondo, quando il rettore Calzolari gli consegna il diploma. Cinque minuti almeno di battimani. Che gli strappano poi una battuta: «Non c´era nessuno della nuova Virtus? Ma qui c´era Bologna. E poi avete forse bisogno di altre riprove...». Con una postilla, detta illuminandosi prima di andarsene. «Comunque c´era l´avvocato Porelli, presidente onorario. Il "Number one", capito la differenza?». E per farlo, è evidente, non ci vuole certo la laurea.
(v.d.)
Fonte: La Repubblica
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