MALINCONICO spareggio per l´ottavo posto, il derby più povero degli ultimi quindici anni si riappropria almeno del suo umore più ruspante e primigenio. Primi a Bologna saranno, stanotte, i vincitori, come ai tempi di lontane, romantiche ebbrezze, quando sul basket regnavano altre dinastie, come Varese, Milano, Cantù... Molto altro la stagione non pare oggi proporre, alle due nemiche, cosicchè quel primi a Bologna può diventare l´unico trofeo sventolabile da una delle due tifoserie, quella almeno consolata, anzi largamente fatta godere, dal nostro palio antico e rovente.
La Fortitudo ha fin qui più perso che vinto (record 7-8), anche se il vero deficit l´ha in coppa: con quel 2-4, e il settimo posto nel girone, ora sarebbe fuori. La Virtus ribalta al minimo quel numerino rosso (8 vinte, 7 perse), ma soffre come malattia più acuta l´incapacità di vincere fuori casa in campionato (0-4): ed è quello che, stasera, è chiamata a fare.
Sapete quante tensioni si stiano agitando in casa Fortitudo, tanto che, per alcuni, nemmeno una vittoria nel derby salverebbe il destino già sconfitto di Boniciolli. Non sarà facile remare in campo, così ombreggiati dall´ignoto, né sarà facile pilotare la barca se Basile, sovente uomo-derby, guarderà o parteciperà a mezzo servizio. Al di là delle negative contingenze di giornata, la Skipper ha poi tutti i suoi nodi irrisolti, che stanno alla base dei suoi stenti. Ancora non s´è delineata una gerarchia in campo, visto che la prima punta designata (Scepanovic) continua a fare più rinunce che tiri, poco aiutato pure da malanni assortiti. Ma anche Delfino e Barton tirano poco, né bilancia la situazione chi fa troppo, come Pozzecco, fin qui trasparente, anche se la speranza della sua sponda sarebbe oggi ritrovarlo protagonista, ritenendolo caratterialmente versato per sfide estreme come questa. Virtus a parte, ha di fronte Tanjevic, ossia il tecnico che non lo voleva neppure quand´era l´originale, a colori vivi, dell´attuale pallida copia.
La Virtus entra in campo moralmente appesantita dalle tre sconfitte consecutive (Ulker, Roma, Cska), che rappresentano soprattutto un rimpallo di sfiducia dopo l´effimera fiammatina prodotta dai rinforzi. Tre non sono pochi, e ci si può sommare anche il rientro di Andersen, eppure poco è stato il succo spremuto. Detto oggi come allora, dato un gruppo sbilenco, roba ne è stata aggiunta: Dial è uno che la butta dentro (più dubbi alimenta come play), Koturovic è un pivot che fa il pivot, Scarone un regista che fa il regista. Resta da capirne la quotazione, sia singola che nel contesto: in soldoni, se sono da corsa, e per quale corsa. Nuovi a parte (e ormai non più tanto), è la squadra che mostra saldature ancora deboli, soprattutto in difesa, e cali in chi (Rigaudeau in testa) l´aveva timonata nelle secche iniziali. Vista alla vigilia, la Virtus avrebbe attaccanti più produttivi della Fortitudo, gente che segna anche senza giochi; in negativo, questa traccia sommaria l´ha più spesso penalizzata e inoltre sarà tenuta a guardarsi dalle debolezze della sua difesa, fin qui disponibile come una fanciulla vogliosa per qualsiasi attacco.
Lo scacchiere della partita è labile, volubile, in assenza di certezze su entrambi i lati, fra i pezzi bianchi e i pezzi neri. E allora, aspettando le consuete liturgie da rivalità cittadina, ci sarebbe da raccontare l´inedito capitolo del romanzo infinito del derby che non opporrà, per una volta, allenatori legati da salde rivalità al confine dell´inimicizia. Si sa che Tanjevic è, per formazione tecnica, il padre putativo di Boniciolli, s´intuisce che i due, di questa magra stagione bolognese, hanno più volte parlato al telefono o a cena, non occultandosi la verità: durissima per il giovane, ma ogni dì meno tenera anche per l´altro. Tanjevic può impugnare, incolpevolmente però sempre dolorosamente, la mannaia che recide la storia biancoblù del figlioccio Matteo, e allora stona perfino citare qui, rovistando fra i ricordi, come l´avventura partì quasi un anno e mezzo fa, un giorno d´estate al ritiro azzurro di Bormio. Fu Boscia, che doveva portarlo con sé a Villeurbanne, a sdoganare Boniciolli. «Ti vuole la Fortitudo, corri a Bologna, oggi stesso, e firma». Già, quanti secoli fa?
Walter Fuochi
La Fortitudo ha fin qui più perso che vinto (record 7-8), anche se il vero deficit l´ha in coppa: con quel 2-4, e il settimo posto nel girone, ora sarebbe fuori. La Virtus ribalta al minimo quel numerino rosso (8 vinte, 7 perse), ma soffre come malattia più acuta l´incapacità di vincere fuori casa in campionato (0-4): ed è quello che, stasera, è chiamata a fare.
Sapete quante tensioni si stiano agitando in casa Fortitudo, tanto che, per alcuni, nemmeno una vittoria nel derby salverebbe il destino già sconfitto di Boniciolli. Non sarà facile remare in campo, così ombreggiati dall´ignoto, né sarà facile pilotare la barca se Basile, sovente uomo-derby, guarderà o parteciperà a mezzo servizio. Al di là delle negative contingenze di giornata, la Skipper ha poi tutti i suoi nodi irrisolti, che stanno alla base dei suoi stenti. Ancora non s´è delineata una gerarchia in campo, visto che la prima punta designata (Scepanovic) continua a fare più rinunce che tiri, poco aiutato pure da malanni assortiti. Ma anche Delfino e Barton tirano poco, né bilancia la situazione chi fa troppo, come Pozzecco, fin qui trasparente, anche se la speranza della sua sponda sarebbe oggi ritrovarlo protagonista, ritenendolo caratterialmente versato per sfide estreme come questa. Virtus a parte, ha di fronte Tanjevic, ossia il tecnico che non lo voleva neppure quand´era l´originale, a colori vivi, dell´attuale pallida copia.
La Virtus entra in campo moralmente appesantita dalle tre sconfitte consecutive (Ulker, Roma, Cska), che rappresentano soprattutto un rimpallo di sfiducia dopo l´effimera fiammatina prodotta dai rinforzi. Tre non sono pochi, e ci si può sommare anche il rientro di Andersen, eppure poco è stato il succo spremuto. Detto oggi come allora, dato un gruppo sbilenco, roba ne è stata aggiunta: Dial è uno che la butta dentro (più dubbi alimenta come play), Koturovic è un pivot che fa il pivot, Scarone un regista che fa il regista. Resta da capirne la quotazione, sia singola che nel contesto: in soldoni, se sono da corsa, e per quale corsa. Nuovi a parte (e ormai non più tanto), è la squadra che mostra saldature ancora deboli, soprattutto in difesa, e cali in chi (Rigaudeau in testa) l´aveva timonata nelle secche iniziali. Vista alla vigilia, la Virtus avrebbe attaccanti più produttivi della Fortitudo, gente che segna anche senza giochi; in negativo, questa traccia sommaria l´ha più spesso penalizzata e inoltre sarà tenuta a guardarsi dalle debolezze della sua difesa, fin qui disponibile come una fanciulla vogliosa per qualsiasi attacco.
Lo scacchiere della partita è labile, volubile, in assenza di certezze su entrambi i lati, fra i pezzi bianchi e i pezzi neri. E allora, aspettando le consuete liturgie da rivalità cittadina, ci sarebbe da raccontare l´inedito capitolo del romanzo infinito del derby che non opporrà, per una volta, allenatori legati da salde rivalità al confine dell´inimicizia. Si sa che Tanjevic è, per formazione tecnica, il padre putativo di Boniciolli, s´intuisce che i due, di questa magra stagione bolognese, hanno più volte parlato al telefono o a cena, non occultandosi la verità: durissima per il giovane, ma ogni dì meno tenera anche per l´altro. Tanjevic può impugnare, incolpevolmente però sempre dolorosamente, la mannaia che recide la storia biancoblù del figlioccio Matteo, e allora stona perfino citare qui, rovistando fra i ricordi, come l´avventura partì quasi un anno e mezzo fa, un giorno d´estate al ritiro azzurro di Bormio. Fu Boscia, che doveva portarlo con sé a Villeurbanne, a sdoganare Boniciolli. «Ti vuole la Fortitudo, corri a Bologna, oggi stesso, e firma». Già, quanti secoli fa?
Walter Fuochi
Fonte: La Repubblica