NAPOLI - Scuro, scurissimo in volto. Micheal Andersen, il 28enne centro danese della Pompea, pensa alla gara persa contro l'Oregon Cantù. Con gli errori di squadra già conosciuti. Riflette, non è che l'argomento gli piaccia granchè. Il primo punto riguarda l'andamento all'interno dei match: nelle ultime tre gare, troppe volte la Pompea si è trovata a subire break ampi e quindi a rincorrere col fiatone sul collo. Meno 15 contro Roma, meno 10 contro Pesaro, ancora meno 15 domenica contro Cantù. Divari ampi. Ed è palese che la rimonta può riuscire una, due volte. Come con Roma e Pesaro. Ma la terza volta, la gara di solito la perdi.
Vero, non si possono più subire questi parziali - conferma Andersen -, perchè rincorrere sempre alla fine ci porta ad essere poco lucidi. Tutte le squadre, inoltre, sono forti, non si fanno rimontare tanto facilmente. Proprio come è successo con Cantù: buona formazione, compatta, con tanto mestiere. Bisogna lavorare proprio su questo punto, è evidente. Maggiore freddezza, più raziocinio, ecco quello che ci vuole alla Pompea in questo momento.
Napoli paga i difetti di sempre, fin troppo evidenti. Uno su tutti: il play, Lamarr Greer, deve ancora capire che la palla bisogna farla girare rapidamente, senza tutti quei palleggi che fanno solo il gioco delle difese avversarie. Accade poi che a portare palla sia Penberthy (come nell'ultima azione decisiva di domenica: perchè proprio lui?), e quindi i meccanismi si complicano, visto che la guardia non ha la lucidità necessaria per dirigere i compagni, e lo si è visto quando il pallone decisivo è stato consegnato direttamente nelle mani di Hines al termine di un'entrata azzardata. Inoltre, una volta sotto nel punteggio, il tecnico Andrea Mazzon spesso gioca la carta dei quattro piccoli, e quindi i lunghi restano a guardare, alcuni in campo, alcuni sulla panchina. Giocare maggiormente sottocanestro, invece, sarebbe la soluzione migliore. Ad inizio gara, Andersen e soprattutto Conlon (tenuto troppo tempo fuori) si sono ben comportati. Poi, sono spariti. E non certo per colpa loro. A un certo punto sottocanestro si sono viste pochissime palle - continua il centro della Pompea -, è vero che siamo stati isolati dal gioco. La verità è che si deve capire che non si può giocare uno contro cinque, sono soluzioni che alla fine non pagano mai. Siamo una buona squadra, con tanto talento. Ma col talento non si vincono le partite. Bisogna lavorare, e tanto, per limare questi difetti. Ci manca la coesione, dobbiamo essere una squadra nel vero senso della parola.
Discorso che non fa una grinza, bisognerà ora vedere se Mazzon riuscirà a farlo recepire ad una squadra che sabato sarà in trasferta a Trieste. Non sarà facile, perchè cambiare le caratteristiche di alcuni giocatori è arduo. Napoli è questa, andrà avanti sempre tra alti e bassi.
Piuttosto, visto che le prestazioni di Penberthy sono tutt'altro che esaltanti (ha 3,7 punti di media in valutazione, una cifra forse accettabile per un comunitario di basso livello, non certo per un americano) vien da rimpiangere la cessione di Palladino che sarebbe stato sicuramente utile in questo momento.
Per chiudere, ecco le ultime sulla struttura mobile che dovrebbe sorgere in viale Giochi del Mediterraneo, davanti al Palargento: da lunedì l'area è stata recintata ancor di più, e c'è una ruspa in azione. I tempi di consegna vengono indicati in 120 giorni (ma perchè prima dovevano essere 150?), vedremo. Il conteggio è cominciato.
Mario Canfora
Vero, non si possono più subire questi parziali - conferma Andersen -, perchè rincorrere sempre alla fine ci porta ad essere poco lucidi. Tutte le squadre, inoltre, sono forti, non si fanno rimontare tanto facilmente. Proprio come è successo con Cantù: buona formazione, compatta, con tanto mestiere. Bisogna lavorare proprio su questo punto, è evidente. Maggiore freddezza, più raziocinio, ecco quello che ci vuole alla Pompea in questo momento.
Napoli paga i difetti di sempre, fin troppo evidenti. Uno su tutti: il play, Lamarr Greer, deve ancora capire che la palla bisogna farla girare rapidamente, senza tutti quei palleggi che fanno solo il gioco delle difese avversarie. Accade poi che a portare palla sia Penberthy (come nell'ultima azione decisiva di domenica: perchè proprio lui?), e quindi i meccanismi si complicano, visto che la guardia non ha la lucidità necessaria per dirigere i compagni, e lo si è visto quando il pallone decisivo è stato consegnato direttamente nelle mani di Hines al termine di un'entrata azzardata. Inoltre, una volta sotto nel punteggio, il tecnico Andrea Mazzon spesso gioca la carta dei quattro piccoli, e quindi i lunghi restano a guardare, alcuni in campo, alcuni sulla panchina. Giocare maggiormente sottocanestro, invece, sarebbe la soluzione migliore. Ad inizio gara, Andersen e soprattutto Conlon (tenuto troppo tempo fuori) si sono ben comportati. Poi, sono spariti. E non certo per colpa loro. A un certo punto sottocanestro si sono viste pochissime palle - continua il centro della Pompea -, è vero che siamo stati isolati dal gioco. La verità è che si deve capire che non si può giocare uno contro cinque, sono soluzioni che alla fine non pagano mai. Siamo una buona squadra, con tanto talento. Ma col talento non si vincono le partite. Bisogna lavorare, e tanto, per limare questi difetti. Ci manca la coesione, dobbiamo essere una squadra nel vero senso della parola.
Discorso che non fa una grinza, bisognerà ora vedere se Mazzon riuscirà a farlo recepire ad una squadra che sabato sarà in trasferta a Trieste. Non sarà facile, perchè cambiare le caratteristiche di alcuni giocatori è arduo. Napoli è questa, andrà avanti sempre tra alti e bassi.
Piuttosto, visto che le prestazioni di Penberthy sono tutt'altro che esaltanti (ha 3,7 punti di media in valutazione, una cifra forse accettabile per un comunitario di basso livello, non certo per un americano) vien da rimpiangere la cessione di Palladino che sarebbe stato sicuramente utile in questo momento.
Per chiudere, ecco le ultime sulla struttura mobile che dovrebbe sorgere in viale Giochi del Mediterraneo, davanti al Palargento: da lunedì l'area è stata recintata ancor di più, e c'è una ruspa in azione. I tempi di consegna vengono indicati in 120 giorni (ma perchè prima dovevano essere 150?), vedremo. Il conteggio è cominciato.
Mario Canfora
Fonte: La Gazzetta dello Sport