UNITE in un silenzio stampa che oggi, appena avviato, è tombale in Fortitudo, e in Virtus viene invece sforacchiandosi per usura, le due signore del basket cittadino affrontano una lunga domenica del giudizio. S´espone alla sua gente la Fortitudo, sul bilico di scelte drastiche per il prosieguo. Fa visita alla seconda in classifica, e ai quattro gatti di Roma, la Virtus: se lo stemma richiama ancora, potrà trovarne anche otto.
Skipper-Scavolini apparecchia dunque l´ennesimo esame per Boniciolli. Non occorre il genio della lampada per capire che tira aria tesa, dopo la terza sconfitta filata, una settimana di parole pesanti, e ora di silenzi anche più grevi. La curva cerca ancora di compattare un´identità comune, ma s´è già divisa la frastagliata nomenclatura del club e gli esegeti più attenti della casa dell´Aquila assegnano la maggioranza al partito dell´esonero, aprendo la strada della panchina ad altri glutei (Spahjia o Sakota, pari quota). Ma queste volontà potrebbero essere ancora flessibili, e se Boniciolli, vincendo oggi, arrivasse al derby, la lettura degli scenari sarebbe che persistono remore e giochi non ancora fatti: un derby vinto rovescerebbe emotivamente il tavolo, rendendo la cacciata meno agevole.
S´impregna di quest´attesa tetra una classica in cui, viceversa, si sarebbe potuto veleggiare fra temi più lievi, come la sfida privata tra i due figli diletti di Tanjevic, ossia Boniciolli e Marchino Crespi. Chi sia più figlio dovrebbe dirlo Boscia: in assenza, una storia professionale di svezzamenti non paralleli, ma a staffetta, racconta che il primo discepolo fu Matteo, a Trieste, fine anni '80. Poi, trasferita la Stefanel a Milano (estate '94), il vice divenne Crespi, in quota come meneghino, nella nuova società a due anime: la città non era più la Milano di bere, ma di pratiche lottizzatorie se ne intendeva. Crespi stette con Tanjevic due anni ('95 e '96, scudetto con Bodiroga), poi tre in Nazionale, dal '98 al 2000. Nel 2001, in Turchia, risbucò Boniciolli. Belle storie, non le soverchiasse ora la sgradevole urgenza dell´attualità.
Dunque, tra Boniciolli e pezzi della società Fortitudo c´è dialogo faticoso da tempo, ed è perfino stucchevole ricordare i travagli della riconferma estiva, o rielencare le sinistre analogie della recente storia biancoblù, aprendo l´ideale mausoleo che ospita Scariolo e Bianchini, Skansi e Recalcati. Ora, su quello scomodo piedistallo, è divampato il caso Pozzecco. Una punta d´iceberg, volendo. Ma sono le punte a speronare i Titanic, e pure le barchette più malandate.
Pozzecco l´ha voluto Seragnoli, non è il tipo di play che Boniciolli amava (e forse neanche Savic), ma oggi è qui e produce una stridente divaricazione: per la società è stato l´acquisto chiave, per il tecnico è un bene impiegato a metà servizio, non solo nel minutaggio, ma anche nel ritaglio di singolari copioni tecnici, come la guardia 'creativa´ accanto a Basile play (quasi un 10 del calcio, alla Baggio). Complice pure l´autonomia limitata, Boniciolli non si fida di Pozzecco: non lo dice lui, non lo dico io, lo dice la gestione dei finali di partita (l´Efes, ma già prima anche Pau). Non a torto, secondo me, ma probabilmente a torto secondo chi ha puntato su Pozzecco, tralasciando pure quel filo diretto che già privilegiò le carriere fortitudine di Esposito, Djordjevic, Myers, Wilkins, almeno fino alle rotture, più o meno drastiche. In due lire: Boniciolli ha Pozzecco, lo faccia fruttare. Poi, l´impressione è che ogni partita deragliata del giocatore finisca sul conto dell´allenatore.
Benvenuti allora alla puntata odierna, dopodichè sapremo se Boniciolli ne avrà altre, in una settimana tanto dura quanto stuzzicante. Ci sarebbe mercoledì il Messina di Treviso, anche se le recenti vicendevoli solidarietà hanno sepolto le baruffe mediatiche che un anno fa saziarono l´appetito di circenses di patrizi e plebei nel circo cittadino. E poi il derby di sabato contro babbo Boscia.
Che ha le sue, comunque, da pelare. Pure la vigilia di Roma-Virtus, con un´armata meno ammaccata di quella reduce dal Bosforo, sarebbe stata dedicata all´amarcord, fra Bonora e Bucchi, l´eterno nemico Myers e l´inedito sfidante Brunamonti, per la prima volta contro, dopo essere stato per vent´anni l´icona una e trina della Vu nera: 9 trofei da giocatore, uno da allenatore, 7 da dirigente. Ma preme ben altro oggi, a partire da una classifica affamata di punti. In bilico fra terzo e nono posto, la Virtus ha 9 partite per issarsi tra le prime 8 e almeno iscriversi al primo trofeo stagionale, la Coppa Italia. Poi, dato che i valori di qualsiasi squadra d´alto livello si misurano nelle trasferte, dovrà vincerne qualcuna, tipo oggi, per dare credibilità al restyling di ottobre. Detto da Tanjevic che a Istanbul pareva un´amichevole, e che senza far fatica non si va da nessuna parte, oggi a Roma c´è pane. Ci vogliono i denti.
Walter Fuochi
Skipper-Scavolini apparecchia dunque l´ennesimo esame per Boniciolli. Non occorre il genio della lampada per capire che tira aria tesa, dopo la terza sconfitta filata, una settimana di parole pesanti, e ora di silenzi anche più grevi. La curva cerca ancora di compattare un´identità comune, ma s´è già divisa la frastagliata nomenclatura del club e gli esegeti più attenti della casa dell´Aquila assegnano la maggioranza al partito dell´esonero, aprendo la strada della panchina ad altri glutei (Spahjia o Sakota, pari quota). Ma queste volontà potrebbero essere ancora flessibili, e se Boniciolli, vincendo oggi, arrivasse al derby, la lettura degli scenari sarebbe che persistono remore e giochi non ancora fatti: un derby vinto rovescerebbe emotivamente il tavolo, rendendo la cacciata meno agevole.
S´impregna di quest´attesa tetra una classica in cui, viceversa, si sarebbe potuto veleggiare fra temi più lievi, come la sfida privata tra i due figli diletti di Tanjevic, ossia Boniciolli e Marchino Crespi. Chi sia più figlio dovrebbe dirlo Boscia: in assenza, una storia professionale di svezzamenti non paralleli, ma a staffetta, racconta che il primo discepolo fu Matteo, a Trieste, fine anni '80. Poi, trasferita la Stefanel a Milano (estate '94), il vice divenne Crespi, in quota come meneghino, nella nuova società a due anime: la città non era più la Milano di bere, ma di pratiche lottizzatorie se ne intendeva. Crespi stette con Tanjevic due anni ('95 e '96, scudetto con Bodiroga), poi tre in Nazionale, dal '98 al 2000. Nel 2001, in Turchia, risbucò Boniciolli. Belle storie, non le soverchiasse ora la sgradevole urgenza dell´attualità.
Dunque, tra Boniciolli e pezzi della società Fortitudo c´è dialogo faticoso da tempo, ed è perfino stucchevole ricordare i travagli della riconferma estiva, o rielencare le sinistre analogie della recente storia biancoblù, aprendo l´ideale mausoleo che ospita Scariolo e Bianchini, Skansi e Recalcati. Ora, su quello scomodo piedistallo, è divampato il caso Pozzecco. Una punta d´iceberg, volendo. Ma sono le punte a speronare i Titanic, e pure le barchette più malandate.
Pozzecco l´ha voluto Seragnoli, non è il tipo di play che Boniciolli amava (e forse neanche Savic), ma oggi è qui e produce una stridente divaricazione: per la società è stato l´acquisto chiave, per il tecnico è un bene impiegato a metà servizio, non solo nel minutaggio, ma anche nel ritaglio di singolari copioni tecnici, come la guardia 'creativa´ accanto a Basile play (quasi un 10 del calcio, alla Baggio). Complice pure l´autonomia limitata, Boniciolli non si fida di Pozzecco: non lo dice lui, non lo dico io, lo dice la gestione dei finali di partita (l´Efes, ma già prima anche Pau). Non a torto, secondo me, ma probabilmente a torto secondo chi ha puntato su Pozzecco, tralasciando pure quel filo diretto che già privilegiò le carriere fortitudine di Esposito, Djordjevic, Myers, Wilkins, almeno fino alle rotture, più o meno drastiche. In due lire: Boniciolli ha Pozzecco, lo faccia fruttare. Poi, l´impressione è che ogni partita deragliata del giocatore finisca sul conto dell´allenatore.
Benvenuti allora alla puntata odierna, dopodichè sapremo se Boniciolli ne avrà altre, in una settimana tanto dura quanto stuzzicante. Ci sarebbe mercoledì il Messina di Treviso, anche se le recenti vicendevoli solidarietà hanno sepolto le baruffe mediatiche che un anno fa saziarono l´appetito di circenses di patrizi e plebei nel circo cittadino. E poi il derby di sabato contro babbo Boscia.
Che ha le sue, comunque, da pelare. Pure la vigilia di Roma-Virtus, con un´armata meno ammaccata di quella reduce dal Bosforo, sarebbe stata dedicata all´amarcord, fra Bonora e Bucchi, l´eterno nemico Myers e l´inedito sfidante Brunamonti, per la prima volta contro, dopo essere stato per vent´anni l´icona una e trina della Vu nera: 9 trofei da giocatore, uno da allenatore, 7 da dirigente. Ma preme ben altro oggi, a partire da una classifica affamata di punti. In bilico fra terzo e nono posto, la Virtus ha 9 partite per issarsi tra le prime 8 e almeno iscriversi al primo trofeo stagionale, la Coppa Italia. Poi, dato che i valori di qualsiasi squadra d´alto livello si misurano nelle trasferte, dovrà vincerne qualcuna, tipo oggi, per dare credibilità al restyling di ottobre. Detto da Tanjevic che a Istanbul pareva un´amichevole, e che senza far fatica non si va da nessuna parte, oggi a Roma c´è pane. Ci vogliono i denti.
Walter Fuochi
Fonte: La Repubblica