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Intervista con Valerio Bianchini

Il Vate del basket ci racconta la sua vita nel basket

Valerio Bianchini, il Vate per il basket, nasce nel 1943, da Angelo e Bice. Il padre è in guerra quando Valerio vede la luce a Torre Pallavicina (BG), dove sua madre, sfollata da Milano, ha riparato tornando a casa dei propri genitori. Nel dopoguerra, trascorre l'infanzia a Milano, dove studia e consegue la maturità scientifica. Ben presto la passione per la palla a spicchi si impadronisce del giovane Valerio, che frequenta il corso da allenatore sotto la guida del suo primo maestro, Arnaldo Taurisano, che lo chiama al Centro Addestramento Pallacanestro di Milano. In quegli anni Bianchini inizia anche a scrivere di basket, sotto la guida di Aldo Giordani, nella pagina del Guerin Sportivo che il Direttore, Gianni Brera, riserva alla pallacanestro. Sono con lui giornalisti come Oscar Eleni e Marino Bartoletti. Il suo primo stipendio da coach arriva allenando una squadra femminile, a Villasanta, nel monzese. E' il 1966, anno memorabile per il basket, perché la FIP del giovane ed innovativo presidente Coccia apre ai giocatori americani (anche grazie a Giovanni Giunco), in Italia sbarca l'allenatore italo-americano Lou Carnesecca per un memorabile clinic e a Milano va a giocare, come straniero di Coppa, Bill Bradley, che porta in Italia il "pick and roll" e lo spiega al suo allenatore Rubini. Dopo Taurisano, Bianchini sceglie di seguire un altro intellettuale prestato alla pallacanestro, Dido Guerrieri, che lo porta a Vigevano, in serie B (allora la seconda lega italiana) in qualità di assistente. La stagione successiva, Guerrieri va a Milano insieme a Gamba, come assistente di Rubini e Bianchini, ascoltando i consigli di Taurisano, allora assistente di Stankovic a Cantù, va a Bergamo, nelle minori, ad allenare i giovani che Cantù mandava a farsi le ossa. Dopo l'esperienza orobica, Bianchini va a Vigna di Valle, dove allena le Forze Armate e, soprattutto, scopre il Sud e le piazze del basket del mezzogiorno. Dopo la parentesi con le stellette, Taurisano, diventato capo allenatore a Cantù, lo chiama a fare l'assistente nella squadra di Marzorati, Della Fiori e Recalcati. Dopo l'assistentato, Bianchini diventa Capo Allenatore a Cantù, dove nel 1980/1981 vince Scudetto e Coppa delle Coppe. Nel 1981/1982, sempre a Cantù, vince la Coppa dei Campioni. Il momento magico continua a Roma, dove Bianchini si trasferisce vincendo lo Scudetto nella stagione 1982/1983 e la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale nel 1983/1984. Dopo le vittorie nei club, la parentesi di due anni in Nazionale, prima di tornare ancora ad allenare e vincere con i club. A Pesaro, nel 1988/1989, lo Scudetto e a Bologna, sponda Fortitudo, nel 1997/1998, la Coppa Italia. Valerio Bianchini, l'unico allenatore ad aver vinto tre scudetti in tre città diverse, coniugando mirabilmente pallacanestro e filosofia, è sposato con Marina Locchi, figlia del grande Pino ed è padre di Tommaso, Carlotta e Camilla.

INTERVISTA
Parlare con Valerio Bianchini è farsi un giro nella storia del basket, anche se, purtroppo, lo spazio non basta per tutte le emozioni che il Vate sa trasmettere col suo racconto.
Valerio, sei venuto alla luce sotto le bombe!
Si, ma non le triple, quelle vere! Sono nato nella zona dove Olmi ambientò il film "L'Albero degli Zoccoli".
Hai iniziato a scrivere al Guerin Sportivo, sotto Aldo Giordani. E' vero che il Direttore, Gianni Brera, sosteneva che gli italiani non potevano giocare a basket?
Si, diceva che avevano il sedere troppo basso, ma fu clamorosamente smentito da Marzorati.
Scrivevi anche su Giganti, dove facevi l'americano ..
Già, mi occupato del basket USA. Ai tempi non c'era internet e di andare in America non se ne parlava. Il mio luogo sacro era l'USIS (United States Information Service), una libreria colma di giornali e riviste. Io scopiazzavo e inventavo (erano gli anni del sogno americano), firmando Wally White. Dan Peterson mi rinfaccia ancora adesso quelle corrispondenze immaginarie dagli Stati Uniti ....
Ha poco da rinfacciare, visto che di lui si dice che fosse addirittura un agente della CIA sotto copertura. Ci credi?
Tutti lo sospettano e io continuo a chiedergli ogni anno se è ancora arruolato. Sta di fatto che il giorno prima del golpe di Pinochet lui se ne andò dal Cile ....
Chi è stato il tuo maestro di basket?
Arnaldo Taurisano, un formidabile maestro di fondamentali, in grado di cogliere l'essenza del gioco e insegnarla. Oggi molti allenatori copiano, lui creava.
A proposito di creare: Antonello Riva è una tua creatura?
Come facevo a non far giocare uno che a 17 anni era già così bravo? Iniziai inserendolo nelle rotazioni, ma dopo due mesi era già titolare fisso.
Nell'Italia rampante degli anni '80, la sfida con Peterson sull'asse Roma-Milano. Fu quando voi "appariste allo Scudetto" e Milano era "la 24^ squadra della NBA" ...
Il basket diventò fenomeno di popolo e ci furono duelli sia in campo sia sui giornali. Dan e io, fra metafore e voli pindarici, ci divertimmo da matti.
Dopo gli anni '80, con il craxiano Gianni De Michelis in Lega, gli anni '90 e la cura dimagrante del movimento ...
Negli '80 il basket aveva mosso anche il mondo politico. Negli anni '90 toccò al basket pagare "Mani Pulite", visto che il calcio, essendo una religione, era intoccabile.
Tre scudetti in tre città diverse. Un ricordo per ognuna?
Cantù ha fatto di me un allenatore europeo, Roma è stata la più grande soddisfazione per la grande sfida vinta, Pesaro ha significato il trionfo di una famiglia.
Dopo 3 scudetti vinti, Coppe Campioni, Intercontinentali e Italia, dopo la Nazionale ... la Malesia! Salgari la sognava, tu ci sei andato davvero. Come ci sei finito laggiù?
Semplice: passi la cinquantina, fai un bilancio, ti accorgi che hai avuto tutto dal basket, a cui hai dato tutto, ma che la vita non è solo basket. Così ho voluto fare qualcos'altro. Sai, c'è una vita sola e poi l'Oriente è così affascinante.
Poi, tornato nella vecchia Europa, un bel giorno hai incontrato anche Michele Martinelli ...
Un uomo capace di tirare fuori le sue contraddizioni invece di celarle, riuscendo a prendersi gioco del mondo: segno di intelligenza sublime. Un personaggio rinascimentale, che ha portato verve in un movimento grigio come quello del basket recente.
Dopo il ciclone Martinelli, il pacato Amadio.
All'inizio di questa stagione avevo prospettive di allenare, anche interessanti. Poi un amico comune mi ha presentato Amadio ed in lui ho rivisto un nuovo Scavolini. Perciò ho rivisto in Roseto una nuova Pesaro ed eccomi qui, anche se non ho smesso di fare l'allenatore e se capitasse lo rifarei.
Che ci dici di questa avventura rosetana?
Per fare una grande squadra ci vogliono un popolo e un principe. Roseto ha il popolo e il principe.
Hai un autore o un poeta preferito?
Amo i poeti, perché sono più sintetici degli scrittori e più chiari dei filosofi. A me piace citare Kavasis, un greco. Nella sua "Itaca" dice: "Anche se quando arriverai Itaca ti sembrerà sassosa e brulla, è per essa che hai fatto quel meraviglioso viaggio". Il senso è questo: non è la meta che conta, bensì il viaggio.
Film preferito?
Lo vidi da ragazzo: Il posto delle fragole di Bergman.
Libro preferito?
Il Giovane Holden di Salinger.
Una qualità che vorresti e che non hai?
Tantissime. Diciamo la perseveranza.
Cosa non sopporti negli altri?
La disonestà.
L'ultima cosa bella prima di salutarci ...
Allegria di naufragi, di Giuseppe Ungaretti. Dice: "E subito riprende/ il viaggio/ come/ dopo il naufragio/ un superstite/ lupo di mare".
Luca Maggitti
Fonte: Il Tempo
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