Fabriano: l'autodifesa di Biondi

FABRIANO — Era entrato come un eroe Claudio Biondi, ma se n'era andato un paio di mesi or sono, spinto (assieme al suo vice D'Ovidio) a uscire di scena da una tifoseria che non ne poteva più delle angosce societarie. Ora, almeno per un giorno, si riprende il proscenio con la promessa pubblica di risarcire, insieme agli altri ex, tutto il regresso qualora forze nuove si facciano avanti. «Un atto di responsabilità e di amore verso il basket perché questa storica società possa sopravvivere», il testamento dell'ex presidente. Ma l'opinione pubblica resta ancora contro di lui. Gli rinfaccia di aver «miscelato» sport e politica finendo ostaggio della stessa pericolosa intersezione, gli imputa di aver ingrossato il debito fino a proporzioni esagerate, gli sottolinea perfino che, se provvederà a risanare il passivo, sarà solo per non rischiare eventuali guai giudiziari. Lui, senza troppo rancore, risponde per le rime. «Punto primo: quando divenni presidente ereditammo una società indebitata. Nonostante questo in due anni siamo riusciti a centrare una promozione in massima serie e l'ingresso nei play-off scudetto. La debacle economica? Ci hanno ucciso i parametri. Tre miliardi e mezzo di vecchie lire come tetto minimo di spesa per i giocatori, significa un campionato di cinque miliardi. Non è uno scherzo mantenersi la massima serie A con queste norme spietate». Lascia, dunque, con l'ultima «frecciata». «Ripeto, se qualcuno vuole ripartire da zero, ora può farlo, perché noi firmeremo una liberatoria per risanare i nostri passivi. Ma non mi sembra che ci sia la fila per prendersi il basket».
Non sarà un eroe, ma nemmeno un bandito.
a. d. m.