Lo possono fermare giusto gli infortuni. Come quello stiramento che, probabilmente, oggi contro Fabriano lo confinerà sulla panchina della «sua» Benetton. «Nulla di grave, è solo precauzione: ma se servo, ci sono» rassicura Massimo Bulleri. Meglio non rischiare. Il ruolo di Massimo, il toscano razzente che impazzisce per i tortellini e la Coca Cola, un volto nuovo di un basket affamato di talenti e di certezze per il futuro, va anche visto nella prospettiva della nazionale. In settimana la maglia azzurra chiamerà a raccolta giovani più o meno di belle speranze; ma più avanti toccherà alle prime linee scendere sul parquet per proseguire l’avvicinamento all’Europeo 2003. Massimo, il ragazzo cresciuto «nel mito di D’Antoni, colui che poi mi ha dato fiducia», ci sarà. Con i suoi 25 anni - dunque né «bocia» né già consumato: diciamo nell’età giusta - e con lo scoppiettante bilancio personale di questo avvio di stagione: punti, precisione al tiro (è secondo nelle triple: più bravo degli specialisti) e regia affinata («Però a volte ‘‘sballo’’ ancora il ritmo del gioco»). È nata una stella? «Lo spero, ma resto ancorato alla realtà. Per ora, dedico quanto ho fatto a chi non credeva in me». Un classico dell’Italia cestistica che si perde tra stranieri, «bidoni», masochismi vari. A volte, l’oro è in casa: basta scoprirlo. Ma forse ci voleva il figlio di una terra ribelle, la Toscana che si spegne nel Tirreno («Sono di Cecina di nascita e livornese di basket: un livornese che, stranamente, non odia nemmeno i pisani...»), per dimostrarlo. Uno che gioca con la serenità di un veterano e con la faccia di bronzo di un rampante. «Lo dicono. E mi piace. La sfrontatezza mi dà intensità». Vedere, per credere: Max, detto «Bullo» forse non solo per abbreviazione scontata del cognome, ha velocità e personalità. Ha marchiato i playoff che in primavera portarono Treviso al titolo, ha stupito perfino un coach esigente quale Ettore Messina nell’ incipit della nuova avventura. «Se sono ‘‘bullo’’, lo sono in senso buono: altruista, intendo. Mi sbatto per valorizzare gli altri: il basket è il trionfo del collettivo».
Basteranno uomini come lui a salvarci dal rischio di un declassamento? «Tragici. La generazione che vinse il titolo europeo nel ’99 può tirare fino ai Giochi di Atene». Sì, ammesso che ci arrivi sul campo... «Vero. Ma io dico che l’anno prossimo in Svezia finiremo sul podio, sempre che non si vinca». Stupiti? Non da uno che come libro amato elegge «La cruna dell’ago»: «E per le crune, a volte, si passa eccome».
Flavio Vanetti
Basteranno uomini come lui a salvarci dal rischio di un declassamento? «Tragici. La generazione che vinse il titolo europeo nel ’99 può tirare fino ai Giochi di Atene». Sì, ammesso che ci arrivi sul campo... «Vero. Ma io dico che l’anno prossimo in Svezia finiremo sul podio, sempre che non si vinca». Stupiti? Non da uno che come libro amato elegge «La cruna dell’ago»: «E per le crune, a volte, si passa eccome».
Flavio Vanetti