PESARO — Beric sì, Beric no, Beric più no che sì, Beric in panchina forse sì. Lo vedremo oggi al Bpa Palas (inizio ore 17,05 con il secondo tempo in diretta televisiva su RaiTre) quando la Scavolini scenderà in campo contro la Pompea Napoli guidata da Andrea Mazzon. «Squadra molto difficile — dice subito da esperto il direttore generale Ario Costa — con un quintetto iniziale micidiale, con un play-guardia temibile come Greer e con l'ultimo arrivato Conlon che parte dalla panchina, un americano lungo e atipico che tira da tre e che picchia come un fabbro». Ma noi...? «Ma noi — dice Costa con assoluta convinzione — siamo fiduciosi, vedo la squadra crescere continuamente, caricata. Non sono parole di circostanza: stiamo andando meglio giorno dopo giorno. Anche la sconfitta di Roseto ha rivelato lati positivi, quando giochi fino all'ultimo pallone giocando bene ti accorgi di essere sulla buona strada. Certo, se alla fine vinci ti aumenta il morale, ma è certo che la partita di Roseto non ha minimamente scalfito la nostra crescente sicurezza che stiamo conquistando partita dopo partita». Anche perché...? «Ecco — riprende Costa — anche perché sto vedendo un Richardson non solo sempre più convinto di quello che fa ma soprattutto sempre più contento di essere dov'è, cioè qui da noi con la maglia della Scavolini».
E' questo il filo conduttore della Scavolini di quest'anno, partita all'inizio di stagione come un mosaico da comporre strada facendo: la ricerca non solo di equilibri tecnici e tattici, ma soprattutto di quelle che potevano essere le tessere migliori e i punti di forza definiti e concretizzati giorno per giorno dal responso del campo. In teoria un punto fermo doveva essere Beric, in pratica ancora non lo è per cui quel vuoto è auspicabile che lo vadano a riempire altri, nel minor tempo possibile e nel modo più consistente e affidabile possibile. Anche per questo verso la Pompea Napoli di Mazzon (che di recente ha fatto secca anche la Roma di Carlton Myers) è un bel banco di prova. Sia per la squadra nel suo complesso e sia per i singoli giocatori che con ogni probabilità dovranno spartirsi il minutaggio normalmente coperto da Beric. C'è un dilemma artificioso dal quale conviene uscire al più presto: quello fra la Scavolini che vince ma non convince con Trieste e che invece non vince ma convince contro Roseto. Sarebbe molto meglio partire da un altro punto di vista: la squadra che vince convince sempre e comunque può mettere in campo solidi argomenti per farlo. La squadra che perde finisce sempre sotto la lente del microscopio. Insomma, chi vince gioisce e chi perde spiega perché non ha vinto. In più, a forza di vincere, la quantità si trasforma per forza in qualità perché nulla dà maggior sicurezza e facilità di gioco della vittoria. La Scavolini viene da una sconfitta (su un campo temibile come quello di Roseto) che poteva essere benissimo una vittoria. Oggi è pronta per vincere, ma non deve commettere l'errore fatale di sottovalutare la squadra napoletana: i precedenti sono pochi ma fra quei pochi c'è anche una tremenda legnata beccata in casa dai napoletani.
f.b.
E' questo il filo conduttore della Scavolini di quest'anno, partita all'inizio di stagione come un mosaico da comporre strada facendo: la ricerca non solo di equilibri tecnici e tattici, ma soprattutto di quelle che potevano essere le tessere migliori e i punti di forza definiti e concretizzati giorno per giorno dal responso del campo. In teoria un punto fermo doveva essere Beric, in pratica ancora non lo è per cui quel vuoto è auspicabile che lo vadano a riempire altri, nel minor tempo possibile e nel modo più consistente e affidabile possibile. Anche per questo verso la Pompea Napoli di Mazzon (che di recente ha fatto secca anche la Roma di Carlton Myers) è un bel banco di prova. Sia per la squadra nel suo complesso e sia per i singoli giocatori che con ogni probabilità dovranno spartirsi il minutaggio normalmente coperto da Beric. C'è un dilemma artificioso dal quale conviene uscire al più presto: quello fra la Scavolini che vince ma non convince con Trieste e che invece non vince ma convince contro Roseto. Sarebbe molto meglio partire da un altro punto di vista: la squadra che vince convince sempre e comunque può mettere in campo solidi argomenti per farlo. La squadra che perde finisce sempre sotto la lente del microscopio. Insomma, chi vince gioisce e chi perde spiega perché non ha vinto. In più, a forza di vincere, la quantità si trasforma per forza in qualità perché nulla dà maggior sicurezza e facilità di gioco della vittoria. La Scavolini viene da una sconfitta (su un campo temibile come quello di Roseto) che poteva essere benissimo una vittoria. Oggi è pronta per vincere, ma non deve commettere l'errore fatale di sottovalutare la squadra napoletana: i precedenti sono pochi ma fra quei pochi c'è anche una tremenda legnata beccata in casa dai napoletani.
f.b.
Fonte: Il Resto del Carlino