In un’intervista concessa a Luca Chiabotti su “La Repubblica – Milano”, Paul Biligha ha parlato di cosa voglia dire essere il pilastro da svariati anni di un club come l’Olimpia: “Da Ettore Messina, in questi anni, ho sentito grande fiducia per quello che posso dare alla squadra a prescindere che giochi o meno; e per l'attitudine a farsi trovare pronto quando si è chiamati in causa. Finora ho risposto bene e spero, nei prossimi due mesi, di farlo ancora meglio. Ho recuperato dall'infortunio, ora il dolore è quasi scomparso”.
E adesso Milano si proietta verso i playoff: “Come ogni anno, quando iniziano i playoff, noi dobbiamo dare qualcosa in più che in Europa, durante la stagione, non si è potuto dare. È stato un grande dispiacere per tutti vedere i risultati che abbiamo avuto quest'anno in Eurolega, credo che sicuramente potessimo fare meglio e ora dobbiamo ripartire per dimostrare che siamo soprattutto una società, ma anche un gruppo di giocatori, che possono ottenere risultati migliori”.
Chiaramente anche Biligha avrebbe voluto avere più spazio nelle rotazioni dell’Olimpia ma il numero 19 conosce il proprio ruolo in un club di così alto livello: “Non voglio mentire dicendo che non vorrei avere spazio in Eurolega, che è un sogno per tutti i giocatori. Ma bisogna anche capire qual è il proprio ruolo all'interno di un gruppo e se lo capisci, e comprendi cosa poter dare alla squadra per aiutarla a vincere, allora alla fine riesci anche a dirti che hai fatto bene, pur giocando poco. Dipende dagli obbiettivi che uno ha: ci sono giocatori più attenti alla gratificazione individuale, io se devo valutarmi dico che sono una persona a cui piace vincere, competere e stare in un ambiente competitivo e l'Olimpia lo è. A Milano non puoi mai dire 'ok, sono arrivato' perché ogni giorno devi confrontarti col meglio che c'è in giro”.
A Milano Paul è ormai di casa: “A Milano stiamo benissimo e, soprattutto guardandonai miei due figli che hanno 11 e 4 anni, è difficile immaginare un altro posto che possa offrire così tanti stimoli e esperienze culturali sempre così diverse”.
Infine, fuori dal campo Paul si sta dando da fare con la Jeanne D’Arc Foundation in Camerun, suo Paese d’origine: “Più che una fondazione è una associazione di volontariato. Ci appoggiamo alle scuole che hanno campi e aule per dare educazione gratuita sportiva e civile a quei ragazzi che non possono permettersi di pagare delle quote per praticare uno sport e aiutarli a crescere”.