In una lunga intervista rilasciata da Federico Bettuzzi su “Tuttosport”, David Logan ha sottolineato l’importanza di aver toccato il traguardo dei 3.000 punti in Serie A: “Un bel traguardo. Ho giocato diverse stagioni in questo campionato, ma aver raggiunto un simile risultato significa che ho mantenuto costante la mia produzione offensiva. E questo non può che far mi piacere”.
L’inizio della carriera cestistica è iniziato seguendo i successi dei grandi Chicago Bulls negli anni ’90: “Guardavo Jordan, Pippen e Kukoc in televisione, con mio padre ed il resto del la famiglia. Mentirei se dicessi che non mi sono un po' ispirato a loro, almeno nella voglia di crescere di livello, di sfidare i migliori. L'esempio? MJ, ovvio, un vincente nato, un campione che non si arrendeva mai”.
Dagli inizi di Pavia, passando per la doppia esperienza sassarese, Avellino e l’ascesa di Treviso, terminando con l’approdo a Scafati. Logan ha un rapporto speciale con il Belpaese: “L'Italia è uno dei miei luoghi preferiti. Mi trovo bene qui, in campo e non solo. Quando col mio agente arrivano delle proposte dai club valuto sempre le diverse situazioni. E devo dire che le chiamate dalle squadre italiane mi hanno sempre portato ad esprimermi su buoni livelli. Quindi, perché non continuare nel vostro Paese?”
L’americano sottolinea poi come è iniziata la sua avventura campana: “Quando è arrivata la proposta formulata dalla famiglia Longobardi mi è sembrato di tornare ai tempi di Treviso in A2. Una città appassionata, dei tifosi caldi, un ruolo preciso e la volontà dilottare per raggiungere un obiettivo che in questo caso è la permanenza in Serie A. Io vivo di sfide, non riesco a starne senza e questa è una bellissima occasione per dimostrare di poter dare qualcosa anche ad una realtà appena tornata nel massimo campionato”.
A 20 giorni dal traguardo dei 40 anni di età, Logan ha parlato della sua futura vita da ex giocatore: “A dir la verità qualche anno fa avevo aperto una ditta di trasporti in famiglia, a Chicago, ma ho abbandonato quel business. Per ora non penso al ritiro ma quando accadrà vorrei restare in questo ambiente. Potrei diventare un allenatore, insegnare ai giovani qualcosa. Oppure fare l'agente, sfruttare l'esperienza accumulata in tanti anni trascorsi in giro per il mondo per guidare i cestisti che escono dal college e diventano professionisti. Ma sono tutti discorsi prematuri: per adesso, lasciatemi giocare”.