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Germani, Moss a tutto campo: “Hoover, Myers e Gay i modelli che ho seguito per curare il mio corpo. Il cambio di look? Spinto da mio figlio Matteo”

Il capitano di Brescia si racconta su “La Gazzetta dello Sport”

Germani, Moss a tutto campo: “Hoover, Myers e Gay i modelli che ho seguito per curare il mio corpo. Il cambio di look? Spinto da mio figlio Matteo”

David Moss, capitano della Germani Brescia e pilastro da oltre un decennio del basket italiano, svela i suoi segreti ad Andrea Tosi su “La Gazzetta dello Sport”, partendo dalla scelta recente del nuovo taglio di capelli: “Da tempo pensavo di cambiare look ­dice. In Italia ho sempre portato le treccine e non mi decidevo mai a passare dal barbiere. È stato mio figlio Matteo a spingermi: voleva che avessimo lo stesso taglio. Ho fat­to il buon papà e con l'anno nuovo l'ho accontentato”.

Poi Moss ha affrontato la questione sul come gestire questo elevato kilometraggio: “È una sfida con me stesso, vo­glio aiutare la squadra uscendo dalla panchina, con tutta la passione che ho per questo gioco. In passato sono stato molto vicino a smettere, ma il basket per me è una salvezza, mi ha aiutato a rialzarmi nei momenti più diffi­cili della mia vita come è succes­so quando ero alla Virtus. Dopo la passione ci sono le motivazio­ni e ancora tanta voglia di com­petere ad alto livello. Quando verrà il tempo di lasciare il cam­po sarò il primo a saperlo. Oggi le emozioni che provo tornando in palestra mi spingono ad an­dare avanti. E ne sono felice”.

L’americano ha anche parlato dei suoi idoli “di longevità” nella Serie A appena approdato in Italia: “Intanto, quando sono arrivato a Jesi in A­2 pensavo all'Eurolega e non a quanti anni avrei gioca­to. Poi ho conosciuto Ryan Hoo­ver, mio compagno a Jesi e a Te­ramo. All'epoca lui aveva 35 an­ni e io 24. Ryan lavorava come me se non più di me. Era un martello. Mi ha aperto la mente. Poi ho giocato  contro Carlton Myers e Dan Gay, due fenomeni che hanno smesso a 40 anni e oltre. Sapevo tutto di loro: come si allenavano, come si alimenta­vano e curavano il loro corpo. E mi dicevo: posso farlo anch'io”.

Infine, una battuta sui suoi due leader nell’attuale Germani, Della Valle e Mitrou-Long: “Amedeo e Naz sono tanta roba, non solo perché formano un su­per attacco ma perché creano molte situazioni per i compagni. Da capitano ci tengo a sottoline­are che Brescia non è solo nelle loro ottime mani. La grinta di Petrucelli, l'intelligenza di Ga­briel, l'energia di Cobbins, l'esperienza di Burns si vedono e si sentono. Se siamo in striscia vincente di 7 partite il merito va anche allo staff tecnico, coach Magro in testa, al preparatore Iezzi che ha impostato per me un lavoro personale mai fatto prima e che mi dà grandi benefi­ci e al responsabile dello svilup­po dei giocatori Jenkins, una fi­gura che abbiamo solo a Brescia. Squadra affiatata e club molto ben strutturato, così abbiamo preso il volo”.

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