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Courtside NBA - Chi sale e chi scende nella settimana

Uno sguardo alla situazione oltreoceano

Courtside NBA - Chi sale e chi scende nella settimana

Scelti i magnifici 10 che il prossimo 20 febbraio saranno nei due quintetti dell’All-Star Game di Cleveland e con la trade deadline di giovedì 10 febbraio a mettere moderata pressione sulle tante squadre alla ricerca dello scambio giusto, torniamo sul parquet per parlare delle squadre che guadagnano e perdono posizioni nel nostro Courtside.

Chi sale: Atlanta Hawks – Golden State Warriors

Atlanta Hawks: 3 vittorie negli ultimi 7 giorni, sei in fila, scalpi eccellenti dei campioni in carica Bucks e di una sicura contender come i Miami Heat attualmente primi ad Est. Il bigliettino da visita degli Hawks, confinando il discorso alle ultime due settimane, la dice lunga sul talento a disposizione di coach Nate McMillan. Dopo la brutta partita casalinga persa contro i New York Knicks il 15 gennaio, la quinta consecutiva, e nel vortice delle tante voci di mercato che vedono gli ultimi finalisti di Conference a Est attivissimi a pronti a scambiare praticamente tutto il roster ad eccezione di Trae Young e Clint Capela, Atlanta si è rialzata alla grande costruendo come sempre le sue fortune sul fenomeno col numero 11, fresco di convocazione da starter all’All-Star Game. Young nel recente filotto di successi ha infatti messo assieme la bellezza di 27.2 punti e 8.7 assist, tirando con una true shooting percentage del 62%. Non è tuttavia nel solo rendimento della point-guard di Lubbock che vanno ricercate le ragioni di questo repentino cambio di marcia in casa Hawks. Il rientro di De’Andre Hunter, unito allo spostamento nella second-unit di Bogdan Bogdanovic per avere un miglior difensore nel primo quintetto e maggior produttività in uscita dalla panchina, è stato il primo correttivo ad aver inciso in modo importante, assieme alla crescita della sesta scelta del draft 2020 Onyeka Okongwu, che per diverse partite ha egregiamente rimpiazzato Capela, e infine alle performance del nostro Danilo Gallinari, in doppia cifra in 4 dei 6 successi recenti (7 punti contro i Kings e assente nella gara contro gli Heat). Attenzione però a guardare solo il bicchiere mezzo pieno: la difesa di Atlanta continua a fare acqua da tutte le parti e a fronte del secondo offensive rating (punti segnati su 100 possessi) della lega, il quartultimo rating difensivo fa emergere in maniera chiara come l’esigenza attuale del front-office non possa che essere quella di aggiungere giocatori di impatto nella metà campo finora più debole della squadra, anche ricorrendo a sacrifici dolorosi se necessari. In questo, il nome di John Collins resta ovviamente il più chiacchierato e appetibile di tutti, con Philadelphia, Boston, Dallas e altre squadre di livello Playoffs pronte ad affondare il colpo. Rinunciare a un lungo così versatile e in grado di giocare spalle e faccia a canestro rendendo, anche grazie alle sue doti da roller, il pick-and-roll con Young un’arma essenziale dell’attacco di Atlanta, potrebbe rivelarsi un errore. Ma nella bilancia tra esigenze difensive e offensive, la scelta rischia sul serio di ricadere sul secondo miglior marcatore della squadra.

Golden State Warriors: della squadra di Steve Kerr si è già parlato e si parla sempre tantissimo. Non potrebbe essere diversamente per il percorso e gli avvenimenti di portata storica di questa prima metà di stagione, tra record di triple di Curry, il ritorno in grande stile di Klay Thompson e persino la nomina da titolare di Andrew Wiggins per la Gara delle Stelle di Cleveland. Iniezioni continue di entusiasmo per un roster che proprio trascinato dagli ultimi eventi ha colto 5 vittorie consecutive, 4 delle quali negli ultimi 7 giorni, lanciate letteralmente dal buzzer-beater di Curry nel 105-103 inflitto ai Rockets lo scorso 21 gennaio. Da allora, successi sui Jazz, sui Mavs (la miglior squadra del 2022 record alla mano), sui T’Wolves e, stanotte, sui Brooklyn Nets. Una vittoria arrivata con un eccellente ultimo quarto proprio degli Splash Brothers (14 punti per Steph, 9 per Klay e 17 finali della squadra negli ultimi 12 minuti) e che avvicina ulteriormente il primo posto dei Phoenix Suns, distante ora 3 partite. L’assenza di Draymond Green, vero metronomo offensivo e leader difensivo della truppa di Kerr, ha evidentemente snaturato gioco e performance della squadra, che grazie però alle lunghe rotazioni (con il rookie Jonathan Kuminga salito prepotentemente di colpi nelle ultime settimane) sta sopravvivendo alla mancanza cruciale del suo leader. Oltre ogni polemica al centro del dibattito sui media negli ultimi giorni, si sta confermando un giocatore oggi essenziale per Golden State proprio Andrew Wiggins: 24 punti nella notte, solidità sui due lati del campo, e perfetto role-player costruito dallo staff tecnico a immagine e somiglianza di quell’Harrison Barnes che ha fatto le fortune della squadra campione NBA grazie al silenzioso supporto in attacco e in difesa offerto ai Big 3. I Warriors possono oggi potenzialmente muoversi in cerca di un lungo in grado di accoppiarsi ad Ayton nel possibile matchup contro i Suns, ma la cultura vincente di una franchigia che lavora sui giocatori adattandoli al meglio al suo sistema è già da sola garanzia di sopravvivenza, a prescindere dalla timeline dei suoi più famosi interpreti. Nella Western Conference che doveva essere dei Lakers, nell’individuare la rivale di Phoenix per l’accesso alle Finals non si va troppo lontani dalla Baia.

Chi scende: Brooklyn Nets – Los Angeles Lakers

Brooklyn Nets: protagonisti alla rovescia dell’ultima notte proprio nella sconfitta nel finale contro Golden State, per dei Warriors che salgono ci sono dei Nets, decimati anche dagli infortuni, che scendono. Anzi, sprofondano a guardare la classifica: sesto posto a una partita di distanza dal quinto e con i lanciatissimi Cleveland Cavaliers a una partita a mezza dall’aggancio, che dopo la nuova introduzione del torneo Play-in vorrebbe dire retrocedere, in caso di settimo seed, nel Purgatorio degli spareggi di fine stagione per accedere alla post-season. Nessun dramma, se si pensa che tante delle recenti sconfitte sono comunque arrivate senza mai disporre del terzetto Kevin Durant (infortunato), Kyrie Irving (che continua a essere un giocatore part-time per le note vicende legate al vaccino) e James Harden, stanotte assente per un problema al polso. Quando assieme infatti, i Big 3 hanno lanciato segnali preoccupanti a tutte le altre rivali ad Est, come nella partita vinta contro i Chicago Bulls per 138-112 il 12 gennaio. Nonostante questo però le sempre più insistenti voci di un malcontento proprio del mancino ex Houston Rockets non contribuiscono a rasserenare un ambiente che vive in modo più oppressivo di altre realtà la missione-titolo. Una missione che passa ovviamente per il recupero in pianta stabile di Durant e Harden ma anche per correttivi che solo il mercato può portare. Questo spiegherebbe la continua associazione dei Nets ai tanti veterani in uscita da squadre nei bassifondi della classifica e in ruoli attualmente scoperti, come quello di 5, dove potrebbe tornare più che utile il tedesco Daniel Theis sicuro partente da Houston. Una mossa apparentemente marginale ma che darebbe nuova linfa a una squadra reduce pur sempre da 11 sconfitte nelle ultime 17 partite e dove – al netto dei discorsi su una regular season che continua a cambiare protagoniste evidenziando uno scarso interesse delle due accreditate alla vittoria a Est ovvero proprio i Nets e i Milwaukee Bucks al record finale – la pressione di partire favoriti e ritrovarsi a sgomitare per le ultime posizioni Playoffs potrebbe giocare un brutto scherzo alla squadra di Nash.

Los Angeles Lakers: se i problemi dei Brooklyn Nets trovano una validissima motivazione nelle assenze per infortunio di Kevin Durant e per disponibilità a singhiozzo di Kyrie Irving, in casa Lakers non si può dire da meno, anche se qui le criticità sono molte di più. Con le defezioni di LeBron James nelle ultime due partite contro Philadelphia 76ers e Charlotte Hornets sono arrivate, come prevedibile, 2 sconfitte, a portare il computo settimanale a 1-3 (l’altra partita persa è quella contro Miami, l’unico successo in casa Nets proprio) e lo score delle ultime 10 a un preoccupante 2-8. La classifica, nel frattempo, dice 24-26 di record e nono posto alle spalle di Clippers e Minnesota che oggi vorrebbe dire ulteriore penitenza col torneo Play-in. I Lakers attaccano peggio di 23 squadre quest’anno e la difesa, seppur timidamente risalita nelle ultime settimane, è esattamente nel limbo (15esimo defensive rating) e ben lontana prima di tutti nei singoli da quella letale che due anni fa ha contribuito alla vittoria dell’anello. Giocare appena 16 partite su 50 con la coppia James-Davis, il cui rientro può definirsi più che incoraggiante in attacco e in difesa, e non riuscire sostanzialmente mai a costruire la rotazione ideale con tutti i giocatori effettivi arruolabili non aiuta, ma l’assortimento di questo gruppo e anche la gestione di titolari e riserve che attualmente sta operando l’head coach Frank Vogel non migliora le cose. L’effort positivo generato dal rookie Austin Reaves andrebbe in qualche modo sfruttato meglio, anche a discapito di uomini di esperienza ma il cui contributo attuale è ridotto ai minimi, come nel caso di Avery Bradley. Stesso dicasi per i minuti fin troppo generosi concessi a DeAndre Jordan, in questo caso anche per necessità visto l’infortunio di James, con il quale il rating offensivo e difensivo della squadra precipita a vista d’occhio prima di iniziare la girandola delle sostituzioni. Una girandola nella quale, in assenza di scambi rilevanti, potrebbe entrare anche Russell Westbrook, in netta risalita da settimane nonostante la corrente contraria di chi ha trovato solo in lui il capro espiatorio della situazione, ma che nelle vesti di leader della second-unit potrebbe forse equilibrare in maniera inaspettata la produttività offensiva della squadra, non onerando ulteriormente James dei compiti da finto-lungo e tornando al suo utilizzo da handler principale. Non un passo semplice, ma quello che con nuove rotazioni e un innesto dal mercato dove il sacrificato principale sembra poter essere Talen Horton-Tucker, rappresenterebbe almeno un tentativo di invertire il trend a dir poco deludente, infortuni o meno, della squadra. La panchina di Vogel scricchiola, le dichiarazioni delle star restano criptiche, i media los-angelini cercando un responsabile contro il quale puntare il dito, e scommettere sulle sole performance di un LeBron James che resta in difesa e in attacco l’unico in grado di determinare da solo le sorti dei gialloviola può diventare letale in ottica usura e Playoffs. Non è un bel momento in casa Lakers, e la cosa più preoccupante è non vedere la luce in fondo al tunnel.

Proprio stasera, alle ore 19:00, due delle squadre protagoniste della rubrica ma in senso opposto si sfideranno in una gara in diretta su Sky Sport NBA (e disponibile in streaming sul sito Sky Sport) che può estendere il momento positivo degli Hawks e quello negativo dei Lakers, o arrestare la rincorsa dei primi dando una timida speranza ai californiani. Non ci sarà LeBron, e questa non è una buona notizia per il sempre più discusso Frank Vogel.

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