di Cesare Milanti
Il 27 giugno 2014 si respira un’aria diversa a Milano. L’Olimpia, quella squadra che ha dipinto la città di biancorosso a suon di successi per innumerevoli stagioni a cavallo tra gli anni ’80 e ’90, ha la possibilità di tornare ad alzare al cielo un trofeo - il trofeo - ambito, desiderato, rincorso per 18 anni. Un bambino nato nella serata in cui Nando Gentile e compagni (Fucka, Bodiroga e Blackman su tutti) hanno festeggiato il 25° titolo nazionale nella storia dei meneghini, in quella nottata di giugno ha già raggiunto la maggiore età. Di fronte c’è una Mens Sana Siena stoica, che non si arrende nonostante i fantasmi che la circondano; è dunque un matchpoint per entrambe, al Mediolanum Forum di Assago.
I secondi sul cronometro sono all’incirca 20. Non vi è più discrepanza con il countdown del tiro, ormai si è entrati in una zona bollente della partita. Il quarto periodo della finale Scudetto 2013/2014 è una panoramica sull’Etna, per quanto incandescente sia l’atmosfera dentro il palazzetto. E Nicolò Melli strappa un rimbalzo dopo un errore in lunetta di Erick Green. È il 13° della sua partita - quasi il suo miglior personale in LBA, visto che il record sono i 14 contro la Germani Brescia di questa stagione - e non importa che sia Jeff Viggiano che Othello Hunter facciano di tutto per strappargli quel pallone. Nell’azione precedente ha siglato un 2/2 ai liberi che sa di traguardo, tagliato definitivamente dall’inchiodata in contropiede di Alessandro Gentile, proprio nell’azione iniziata da quel tagliafuori energico di Nicolò Melli. Che non ha la barba, cinque mesi prima ha compiuto 23 anni e non sa che un giorno, su quel parquet, ci sarebbe tornato come uno di quei giri immensi cantati da Antonello Venditti: “L’apice e la soddisfazione massimi delle mie avventure con l’Olimpia sono arrivati con la vittoria dello Scudetto nel 2014. Quello è sicuramente il momento chiave della mia prima parentesi milanese, quello più bello e soddisfacente che ho vissuto a Milano. Ora mi sembra di aver incontrato una società totalmente diversa, per com’è impostata, per le persone che la compongono, per com’è organizzata e per l’importanza che ha a livello europeo. Una volta arrivavi a Barcellona e se vincevi era un miracolo, ora te la giochi alla pari: è ovvio che il Barça ha un altro tipo di blasone, ma quello fa parte della storia. Un grande merito dell’organizzazione attuale è quello di aver dato un nome e una dimensione europea di altissimo livello a Milano. Paragonare le due esperienze è difficile, perché sia io che l’Olimpia siamo cambiati e siamo cresciuti. Sicuramente, però, il momento più bello e più soddisfacente è stato lo Scudetto”.
Il ragazzino che chiude quella partita a 10 punti e 13 rimbalzi, con il primo (e unico, finora) campionato italiano pronto a essere confezionato in bacheca, è quello che poi sarebbe diventato uno dei lunghi più determinanti della sua generazione a livello europeo. Si intravedeva qualcosa di speciale fin dai primi passi, mossi nella sua Reggio Emilia. La città dove, il 7 gennaio 1797, nacque il Tricolore, che nel dicembre scorso è stato consegnato proprio al figliol prodigo cestistico: “Reggio Emilia è casa mia, dove sono cresciuto. Il posto dove torno per riassaporare certi momenti che hanno accompagnato la mia infanzia, i miei anni da studente. Ho tanti bei ricordi, senza ombra di dubbio. Il fatto di aver ricevuto quel premio, il Tricolore che tanto conta per Reggio, ha sancito ancora di più l’unione con la città, quindi non può che avermi fatto piacere. Ho un bellissimo rapporto con la città e l’ho sempre amata”. Dal biancorosso della Reggiana, con cui ha trascorso un triennio in Legadue, culminato con una stagione da protagonista nel 2009/2010, arriva dunque quello dell’Olimpia Milano, che ne fiuta il potenziale e lo porta sotto la Madonnina. Ciò che segue è un quinquennio in cui Melli cresce insieme ai meneghini e viceversa, ma che si conclude con l’approdo del classe 1991 all’estero, seppur sotto l’ala di un italiano. Andrea Trinchieri lo vuole come pilastro del suo Bamberg, deciso a difendere il campionato tedesco conquistato nella stagione precedente. I risultati sono sbalorditivi, con Nicolò che, con il numero 4 sulle spalle, domina in Germania e in Eurolega, dove vince due premi di MVP del mese in due anni, il secondo del quale con l’inserimento nel primo quintetto della competizione: “A livello tecnico sicuramente il fatto di aver potuto fare esperienze di alto livello e l’assumermi responsabilità che prima non potevo affrontare sono stati un qualcosa di importante, che mi ha aiutato a crescere in termini di maturità, come giocatore e uomo. Per come si lavorava a Bamberg, ho acquisito più fiducia in quello che facevo. È stata una vera e propria evoluzione sia dentro che fuori dal campo, visto che lì ho conosciuto quella che sarebbe diventata mia moglie. È stata un’esperienza che mi ha cambiato la vita”.
Il Nicolò Melli che si affaccia al mercato dell’estate 2017, dunque, è un giocatore apprezzato da tanti: colleghi, addetti ai lavori e allenatori. Ne avuti tanti, di questi ultimi, e di altissimo livello sia in campo nazionale e internazionale: Sergio Scariolo, Luca Banchi, Andrea Trinchieri. E poi Zeljko Obradovic e dall’estate scorsa Ettore Messina. Ognuno con un’esperienza e un curriculum differente, tutti accomunati da ciò che Nicolò Melli ha vissuto sotto la loro guida: “Ognuno mi ha dato qualcosa: chi di più e chi di meno, chi a livello umano e chi dal punto di vista tecnico. Ci sono stati alcuni allenatori con cui non ho avuto un gran rapporto e da cui ho avuto delusioni, ma credo che questo faccia parte di tutte le carriere di tutti i giocatori, specialmente quando ci sono tante situazioni che si possono creare in una stagione. Ci sono allenatori a cui sono più legato, che mi hanno fatto sentire più partecipe e che mi porto più vicino al cuore, ma cerco di imparare da tutti qualcosa, magari anche di evitare certe situazioni negative”. Tra di essi, come anticipato, c’è stato anche uno degli allenatori più vincenti e carismatici dell’intero panorama europeo. In quella finestra di mercato estiva, infatti, Luigi Datome sussurra nell’orecchio di Zeljko Obradovic quanto possa essere impattante inserire nelle rotazioni di una grande d’Eurolega come il Fener un elemento come il Nicolò Melli che ha dominato sotto canestro nelle precedenti due stagioni. E dunque arriva l’atterraggio ad Istanbul, con una prima stagione in gialloblù che coincide con quella che è probabilmente la sua miglior partita in carriera: 28 punti e 6 rimbalzi contro Walter Tavares e compagni, ma l’atto conclusivo delle Final Four di Belgrado va al Real Madrid: “Le delusioni, come quella sconfitta, ti aiutano a tenere i piedi per terra. Io non avevo bisogno di ulteriori stimoli per dare il 100%: mi sarei comunque allenato tosto se avessi vinto l’Eurolega, il fatto di non averla vinta tiene l’attenzione alta. Non credo che qualcuno si rilassi il giorno dopo le Final Four: in molti son riusciti a vincerne una e non tantissimi sono riusciti a vincerne due; quindi, volendo c’è sempre uno stimolo per fare di più. Le delusioni, più che darti un’ulteriore carica, ti aiutano a non volare più in alto del dovuto”. Un’avventura al Fener - dove oggi gioca un altro lungo italiano, Achille Polonara -, dunque, che non gli consegna l’Eurolega, ma il consolidamento di un’amicizia con un connazionale che ritroverà anche all’ombra della Madonnina: “Io e Gigi siamo diventati amici al Fener. Ci conoscevamo già, ma io adesso, scherzando, dico che “purtroppo c’era Gigi, nonostante lui sono andato lì”. Ovviamente lo dico come scherzo, perché lui mi ha aiutato a inserirmi nel gruppo, a conoscere l’ambiente: è stato decisivo, un punto di riferimento importante. Per quanto riguarda Polonara, penso che le soddisfazioni che si può togliere Achille al Fener non debbano intralciare le nostre a Milano… (ride, ndr). Ovviamente scherzo e auguro a lui ogni soddisfazione possibile: è un ragazzo che se lo merita e il Fener, per il tipo di piazza che è e per la passione che dimostra sempre, è un posto dove gli auguro di togliersi soddisfazioni importanti”.
Le soddisfazioni importanti, quelle che un appassionato di pallacanestro coltiva fin dalla giovane età, Nicolò Melli se l’è tolte e continua a togliersele collezionando un’esperienza dopo l’altra nei campi di mezza Europa. Quello che è il sogno per antonomasia, però, non può che chiamarsi NBA: Nicolò Melli ci arriva in quello che è probabilmente l’apice atletico della sua carriera, con una chiamata dai New Orleans Pelicans a poco meno di un mese di distanza dalla sua seconda Final Four consecutiva con il Fenerbahce. Non si immagina che poco più di un anno dopo, in seguito a mesi interminabili di interruzione per l’arrivo della pandemia, si sarebbe trovato a Disneyworld per concludere la sua prima stagione a stelle e strisce. Nel modello ideato dall’NBA a Orlando, la cosiddetta “bolla”, trova i connazionali Belinelli e Gallinari, oltre a Sergio Scariolo, all’assistente dei Phoenix Suns Riccardo Fois e al dirigente dell’NBPA Matteo Zuretti. E decide che, perché no, non sarebbe male dar loro voce in un podcast: “È stata una bella possibilità per far conoscere agli appassionati una realtà fuori dall’ordinario come quella della bolla, sperando che rimanga un unicum. È stato divertente ed anche abbastanza semplice, perché tutta la comunità italiana di quella stagione NBA era nella bolla; la mia fortuna è che ci fossero vari personaggi, non solo giocatori come Beli o Gallo, ma anche un viceallenatore come Scariolo, il responsabile dei fondamentali Riccardo Fois o il dirigente dell’NBPA Matteo Zuretti. C’erano vari punti di vista, che potevano mettere in luce quello che ha significato per tutti noi la bolla. Per quanto riguarda ributtarmi in questo mondo anche in futuro, non saprei: ci vuole tanto tempo per farlo bene e la stagione è abbastanza impegnativa. In più, lì era tutto a portata di mano; qua, per creare un prodotto di buon livello bisognerebbe spaziare un po’ di più, ma si rischia di diventare dei tuttologi. Non ho le competenze per farlo. Da quell’esperienza ho avuto riscontri molto positivi, il che mi inorgoglisce”.
Il sogno NBA, seppur in qualche modo reso più tenue dall’avvento del Covid-19, prosegue tra alti e bassi, tra New Orleans Pelicans e Dallas Mavericks. Ma è a Milano che Nicolò Melli ritrova l’importanza di un progetto, la centralità all’interno di un gruppo squadra ricco di talento e la stima dei compagni e di un allenatore dal curriculum chilometrico come Ettore Messina. Lo testimonia la sua elezione a co-capitano della squadra, insieme a un altro veterano della pallacanestro continentale come Sergio Rodriguez: “Il fatto che mi abbiano voluto riconoscere questo tipo di ruolo, visto anche il pregresso che c’era con Milano, mi ha fatto sicuramente piacere. Come mi ha detto un amico, “ti hanno fatto co-capitano dell’Olimpia Milano perché giustamente non si fidano del tutto di te”: hanno perfettamente ragione (ride, ndr). Il capitano non è per forza di cose il leader dello spogliatoio e i leader tra noi sono Kyle, Chacho, Gigi: giocatori di un palmarès dall’altissimo profilo e dall’esperienza invidiabile. Ma la cosa bella di questa squadra è proprio il gruppo, a livello dello spessore umano dello spogliatoio: come vengano vissuti certi momenti, belli o brutti che siano. Il ruolo del Chacho e mio, come capitani, è abbastanza semplice con ragazzi come questi come compagni di squadra. Se dovessi scegliere un motivo per cui penso che questa Milano sia in grado di lottare per tutti i trofei, mi affiderei proprio alla bellezza del gruppo, al vedere come tutti noi teniamo l’uno per l’altro: quando qualcuno non ha una giornata positiva e si vince lo stesso, si fa di tutto per appoggiarsi a vicenda. E non ci sono frasi fatte in tutto ciò. È bello vedere il tipo di coesione che c’è in questa squadra e ciò può essere un’arma in più nel nostro bagaglio per, speriamo, vincere o quantomeno toglierci qualche soddisfazione a fine anno. E non solo”. Sì, perché Nik Melli è arrivato all’Armani Exchange a poco tempo da un finale di stagione da protagonista in Eurolega, con la finale sfuggita per un soffio, e il 4-0 in favore della Virtus Bologna nella finale Scudetto da riscattare. Oggi infatti l’Olimpia è di nuovo lì per giocarsi tutto in campo nazionale e continentale, e non si tratta solo di rivalsa: “È ovvio che chi c’era nella passata stagione vuole vincere lo Scudetto, ma non solo perché l’ha perso l’anno scorso. Stiamo parlando di giocatori che quando inizia la stagione a settembre hanno solo in testa la vittoria a fine anno, a prescindere da come sia andata a finire nell’annata precedente. La Virtus è campione d’Italia, è una squadra di altissimo livello e con loro c’è comunque una rivalità, al netto di quella che è la storia e di quello che è successo tra queste due squadre. Noi dobbiamo concentrarci su quello che facciamo noi e le nostre stagioni sono completamente diverse: noi siamo in Eurolega, loro in Eurocup, ognuno ha i suoi impegni. C’è la voglia di vincere a fine anno e quando verrà il momento cercheremo di farci trovare pronti per portare a casa dei trofei: il nostro obiettivo è essere lì e giocarcela, ma non caricherei una sfida che è bellissima di altri significati”.
A Milano, Nicolò Melli ci è tornato il 9 luglio 2021, a poco meno di una settimana dal trionfo in terra serba contro i favoritissimi padroni di casa per un pass verso l’Olimpiade e a poco più di un mese dalla conclusione di quell’avventura, una di quelle che segnano per sempre la carriera di un atleta. E Nicolò Melli ci è arrivato da veterano, da capitano, da leader. Un leader che guarda oltre l’avventura di Tokyo: “Parigi 2024 sarebbe un qualcosa di meraviglioso, ma per chiudere definitivamente il cerchio con mia madre a me piacerebbe fare Los Angeles 2028: questo è l’obiettivo principale della mia carriera. So che avrei 37 anni, ma sono consapevole che non sarei il primo e sicuramente nemmeno l’ultimo, dunque speriamo di riuscirci. Prima di questo ci sono tanti appuntamenti importanti, come ad esempio gli Europei di settembre con la prima fase che si gioca in casa. Secondo me il gruppo è molto buono, quest’estate è stato piacevole stare con loro nonostante i tanti appuntamenti ravvicinati, con le Olimpiadi che sono state sicuramente una grandissima esperienza. Come arriverà il gruppo agli eventi dopo EuroBasket è difficile dirlo, perché in una stagione possono succedere tantissime cose. Sicuramente è bello essere il capitano di questo gruppo qui ed è bello essere circondato da tanti ragazzi che meritano”. Se Los Angeles 2028 e i 37 anni sono ancora lontani, le 31 candeline di quel ragazzo che lottava con Hunter e Viggiano sul rimbalzo più importante della sua carriera fino a quel momento non sono nient’altro che realtà. Nicolò Melli, dal biancorosso al biancorosso, non vede l’ora di scoprire quello che arriverà: “Sono contento di dove sono e di quello che ho fatto. Ci sono stati momenti e situazioni nel corso della mia carriera che avrei voluto fossero andati in una maniera differente, magari facendo sì che il mio curriculum sia diverso, ma questo fa parte dello sport. Quindi sono felice di dove mi trovo, consapevole che ci sia ancora tanta strada davanti e molte possibilità che vanno colte”.