Superato il giro di boa della stagione e avvicinandoci a grandi passi verso l’All Star Game di Cleveland con il terzetto LeBron James-Stephen Curry-Kevin Durant a guidare le votazioni, scopriamo chi sale e chi scende dopo l’ultima settimana di partite in NBA.
Chi sale: Phoenix Suns – Memphis Grizzlies
Phoenix Suns: 6 vittorie consecutive e ultima settimana caratterizzata dai successi contro Detroit, San Antonio, Dallas e Indiana, proprio nella notte. Non esattamente tutte squadre irresistibili ad eccezione dei lanciatissimi Mavs di inizio 2022, è vero, ma la solidità dei Suns si nota anche e soprattutto nella continuità che sta contraddistinguendo la stagione di Chris Paul e compagni, in un roster che nonostante le defezioni anche in ruoli chiave (solo Mikal Bridges e appunto CP3 hanno giocato tutte le partite finora, con DeAndre Ayton a quota 17 gare saltate e Devin Booker assente per 7 partite) resistono al primo posto della Western Conference e hanno saldamente nelle mani il miglior record di tutta la lega davanti ai Golden State Warriors. Phoenix ha attualmente la seconda difesa NBA con un defensive rating (punti subiti su 100 possessi) di 104.7 e il quinto miglior attacco con un offensive rating di 112.7, ma è prima nel saldo tra le due voci, il net rating (+ 8.0). Merito anche di un roster molto lungo con una rotazione effettiva di 10-11 uomini che sta consentendo al coach Monty Williams di gestire con intelligenza gli sforzi dei suoi migliori giocatori. Attualmente i Suns portano 8 uomini in doppia cifra di media, con l’ultimo arrivato Bismack Biyombo, uscito per qualche mese dai radar NBA dopo la scadenza del contratto con gli Charlotte Hornets nello scorso luglio, protagonista inaspettato delle ultime vittorie con addirittura 21 punti, 13 rimbalzi e 5 assist in uscita dalla panchina contro i Pacers. Il merito è ovviamente del timoniere di questa squadra, l’eterno Chris Paul, che continua a essere la guida tecnica ed emotiva del team e l’uomo al quale, vedi la partita contro i Mavs, vengono affidati i possessi decisivi nei finali di gara. Quanto questi Suns possano spingersi in fondo nei Playoffs, bissando magari il risultato della scorsa annata in cui hanno giocato le Finals contro i Bucks poi perse per 4-2, dipenderà proprio dallo stato di salute della “Point-God” e magari da un intervento a ridosso della trade deadline per aggiungere un ulteriore giocatore nel reparto esterni con caratteristiche difensive nell’ottica del possibile incrocio contro i Golden State Warriors. Non meraviglia quindi il leggere il nome della franchigia particolarmente attivo in questi giorni di mercato: la dirigenza resta vigile e consapevole che per quanto migliorare una squadra da 36-9 di record non sia facilissimo, un’occasione tra i tanti giocatori in uscita da squadre nei bassifondi della classifica di Eastern e Western Conference, può rendere ulteriormente letale la truppa di Williams.
Memphis Grizzlies: in Tennessee non si scherza più, ormai è il caso di dirlo. I Grizzlies vanno visti in maniera diversa da quella che è una bella sorpresa della stagione 2021-22 e inquadrati per quello che il campo oggi sentenzia in maniera oggettiva. Memphis ha il terzo miglior record della Western Conference, col mirino puntato sui Warriors distanti 2 partite, e sopra squadre partite con ben altre ambizioni e molto più quotate nella griglia di partenza di inizio anno come Jazz e Mavericks. Senza girarci troppo attorno, si parte ovviamente da Ja Morant, leader tecnico di un gruppo molto giovane ma che negli ultimi anni ha sbagliato davvero poco nella costruzione della squadra. Il fenomeno classe ’99 sta segnando 25 punti di media (lo scorso anno aveva chiuso a 19.1) e oltre alla produttività nel pitturato che lo rende la guardia con più punti “in the paint” di media, il prodotto di Murray State sta tirando molto più da oltre l’arco con 4.4 tentativi di media contro i 3.8 di un anno fa, convertendo le triple con il 35.7% di percentuale (30.3% un anno fa). Una dimensione perimetrale sempre più credibile che offre un’alternativa di gioco in più costringendo i difensori a rispettare il suo tiro e di conseguenza esporsi maggiormente alle sue elettrizzanti penetrazioni. Con Morant, un altro grande segreto della squadra egregiamente allenata da Taylor Jenkins si chiama Desmond Bane, che ha raddoppiato i punti a partita rispetto alla stagione da rookie (17.7 contro 9.2) e si sta non solo confermando tra i migliori tiratori da tre della lega, con il 42% su 6.9 tentativi, ma giocatore ben più versatile dello specialista dall’arco che tanti credevano fosse, supportando anche nel playmaking Morant e unendo alle doti nella metà campo offensiva una difesa di altissimo livello. E a proposito di difesa, i Grizzlies oggi non possono prescindere dal devastante impatto nella seconda parte di stagione di Jaren Jackson Jr: 19 stoppate nelle ultime 5 partite, 3.1 di media nelle ultime 15. Jackson, firmato in estate tra i dubbi di tanti addetti ai lavori con un contratto da 105 milioni in 4 stagioni che oggi appare un lusso per un giocatore del genere, sta col tempo imparando a gestire i falli – annoso problema non solo in NBA ma sin dai tempi di Michigan State – e oltre alla pericolosità dal perimetro che lo vede pian piano scalare posizioni tra i migliori lunghi tiratori della lega (vedi la tripla contro i Nuggets su assist nel traffico del solito Morant), sta offrendo garanzie nel pitturato dove proprio a inizio anno sembrava patire eccessivamente la fisicità degli avversari, rendendolo un elemento fondamentale nello scacchiere difensivo della squadra. Una squadra che attende di recuperare definitivamente un altro mastino difensivo come Dillon Brooks – che nel frattempo portava alla causa oltre 18 punti di media – e guarda con fiducia al futuro sul medio-lungo termine. Tutte le pianticelle seminate negli ultimi anni stanno sbocciando nel modo più rigoglioso possibile. I Grizzlies sono molto vicini, se il trend di questi mesi sarà confermato, a diventare una squadra temibile anche in ottica post-season, pronta ad approfittare del ricambio generazionale che a breve coinvolgerà tanti dei team della Western Conference.
Chi scende: San Antonio Spurs e Orlando Magic
San Antonio Spurs: il roster più giovane mai allenato da Gregg Popovich, senza il chiaro obiettivo di puntare ad un posto da guastafeste tra le squadre con ambizioni play-in e quindi Playoffs dalle retrovie, si trova forse per la prima volta dopo tanti anni a fare i conti con la tentazione draft. Che, nel caso dei texani, non è mai stato un reale obiettivo ma allo stesso tempo rappresenta la genesi della dinastia più vincente del dopo-Michael Jordan, nata proprio con la scelta più alta tramutata in Tim Duncan nel 1997. Dopo una partenza decisamente incoraggiante, l’assillo delle vittorie sembra lontano in casa Spurs e la possibilità di ambire a una chiamata molto alta in un draft che promette nei primi 3-4 nomi di offrire giocatori dal possibile impatto generazionale, inizia a far gola, anche se in casa San Antonio non si potrà mai parlare di “tanking” a differenza di altre franchigie. Strizzare l’occhio alla lottery e allo stesso tempo sviluppare al meglio il roster a disposizione e i tanti giovani di livello presenti è sempre la più grande contraddizione per i team in rebuilding, eppure i pilastri che Popovich quasi certamente lascerà al suo successore (l’ex agente CIA sembra destinato a passare nel front-office) iniziano a dare ottime sensazioni sulla possibilità di arricchire con la giusta chiamata un roster già potenzialmente competitivo e limitare al massimo il Purgatorio tra le squadre senza obiettivi di post-season. DeJounte Murray in primis, 19.3 punti, 8.9 assist e 8.5 rimbalzi, ma anche Keldon Johnson che sembra aver aggiunto un altro essenziale pezzo al suo gioco, ovvero il tiro da 3 (44% contro il 33% di un anno fa), Derrick White e Devin Vassell. L’ultima mossa di mercato fatta, con la cessione di Bryn Forbes ai Nuggets in una trade a tre squadre coinvolgente anche i Celtics, va letta proprio nella direzione di dare ulteriormente spazio ai giovani presenti in squadra e sarà probabilmente solo la prima di una serie di mosse per accumulare scelte e liberarsi di veterani molto più ambiti dalle contender che utili in questo contesto, Thaddeus Young e Doug McDermott su tutti. Gli ultimi 7 giorni dicono di un record di 1-2, con il successo sugli Oklahoma City Thunder e le sconfitte contro Suns e Nets, mentre nelle ultime 10 la squadra di Popovich ha vinto appena 3 partite a fronte di 7 sconfitte. Il saldo è ovviamente negativo, ma per un team che scende in classifica e nella nostra rubrica il futuro può essere davvero interessante. E tra tanti team ancora alla ricerca di identità pur in regime di ricostruzione totale, la penitenza nel limbo degli Spurs potrebbe essere più breve del previsto.
Orlando Magic: anche la franchigia della Florida, in un certo senso, ambisce a un Purgatorio il più breve possibile, cercando non tanto nei risultati ma nel gioco di costruire una filosofia che possa accogliere le prossime scelte (alte) in arrivo e rendere brillante il futuro della squadra. I rookie selezionati all’ultimo draft, con l’ottimo Wagner ammirato sin oggi e quel Jalen Suggs in parte deludente a inizio stagione ma che dal rientro dall’infortunio sembra aver imboccato una via decisamente più incoraggiante rispetto alle difficoltà delle prime apparizioni, sono i due pilastri da cui ripartire, ma non gli unici. Orlando ha un gruppo giovanissimo con un core fatto sostanzialmente di ventenni (Wagner, Suggs e RJ Hampton hanno 20 anni, Cole Anthony 21, Wendell Carter Jr 22, Mo Bamba 23), alcuni giocatori prossimi ad essere scambiati per acquisire altre scelte (Terrence Ross su tutti, ma anche Gary Harris potrebbe salutare a breve visto l’appetibile contratto da 20 milioni in scadenza) e in questo momento il suo record di 8 vittorie e 39 sconfitte è per distacco il peggiore della lega e quindi tra i più papabili di prima chiamata al prossimo draft. Unendo questa alla prime scelte ancora in suo possesso del 2023 e 2024, come la prima dei Bulls 2023 acquisita nella trade Vucevic, si capisce come la costruzione sia appena agli albori e alla ricerca di ulteriori punti di riferimento. I recuperi di Markelle Fultz e Jonathan Isaac, due enormi rischi se si considera la predisposizione dei due agli infortuni, potranno dire molto sin dal prossimo anno del reale potenziale di questa squadra, a cui si aggiungerà presumibilmente una top pick tra pochi mesi. Nel frattempo, con l’obiettivo-peggior record decisamente alla portata, a coach Jamahl Mosley il compito arduo di far crescere chi c’è e costruire una cultura vincente. Sembra semplice, ma nel contraddittorio mondo del tanking è un equilibrio molto difficile da trovare.