Il primo canestro non si scorda mai. Giordano Bortolani è un tiratore nato, lo è sempre stato (“E’ la mia passione - confessa -, dal primo giorno). Il primo canestro in Serie A è come la prima volta in cui metti piede al Palalido per giocare con la squadra Under 13 dell’Olimpia. Giordano è figlio d’arte. Il padre Lorenzo ha trascorso anni giocando nelle serie minori. Aveva fama di essere un duro anche se non provvisto di grande talento. Giordano ne ha di più. Un giorno lo chiamò Stefano Bizzozero, a quei tempi allenava nelle giovanili. Gli propose di fare un provino all’Olimpia con la squadra Under 13. L’allenatore si chiamava Paolo Monguzzi. Superò il provino e restò. “Ricordo bene quel giorno - dice - era il gennaio de 2012. Confesso: ho sperato un giorno di vestire la stessa maglia insieme ai grandi. Ovviamente lo pensi tanto per pensarlo, non sai se ce la farai davvero e quanto tempo ti servirà per riuscirci. Tanto. Però ci pensavo, ci speravo”, racconta. Ci sperava e ce l’ha fatta. Ora dipende da lui. Sei anni dopo quel giorno segnò il primo canestro in serie A. Era gennaio anche quella volta. 2018. Al Mediolanum Forum c’era un’avversaria speciale per lui. Capo d’Orlando. È la squadra del posto in cui è cresciuta la mamma Anna Maria, un posto cui deve tanto. Il padre andò a giocare a Capo d’Orlando, conobbe la mamma e nacque Giordano. Il basket scritto nelle stelle. Giordano è mezzo milanese e mezzo siciliano. Capo d’Orlando era a Milano quel giorno e lui venne premiato con la possibilità di giocare proprio contro la sua seconda squadra (anche l’anno prima era successo, ma non era stato possibile farlo entrare). “Ero nervoso. Quando giochi al Forum per la prima volta ti sembra ancora più grande di quello che è”. Ed era anche pieno, 11.000 spettatori. Era una bella domenica, orario favorevole, tanti ragazzi presenti, entusiasmo, iniziative. Il pubblico rispose alla grande, oltre ogni aspettativa. L’Olimpia vinse facilmente quella partita per cui nel finale ci fu spazio per un debuttante. Giordano era nervoso ma non lo diede a vedere. Step back e tiro dall’angolo. “Ho visto la palla entrare, non ho capito più nulla”. Non fu l’unico canestro di quella stagione. Ne fece uno da lontanissimo sulla sirena contro Pistoia. Per un giovanissimo sono soddisfazioni. Aveva 17 anni. E tecnicamente vinse anche lo scudetto. Non era a Trento la sera del tricolore ma c’era in Gara 5 quando Andrew Goudelock eseguì la stoppata che salvò il risultato e probabilmente il titolo. Il primo giorno all’Olimpia. Il primo canestro in Serie A. Momenti che non ti scordi.
Quando era nelle giovanili dell’Olimpia, nel suo ultimo anno prima di passare a giocare tra i grandi, Bortolani trascorse un anno a Bernareggio in Serie B, insieme ad altri ragazzi delle giovanili. “Vedendo come me la cavavo, quello è stato il momento in cui ho pensato che avrei potuto giocare a basket davvero”, ricorda. I primi anni sono stati una crescita continua, a dispetto della categoria. Nel 2017/18, a Bernareggio, 10.1 punti di media; l’anno seguente a Legnano, in Serie A2, furono 12.5 punti a partita. Segnare di più salendo di categoria è anomalo. Bortolani lo fece. Nel 2019/20, a Biella, sempre in Serie A2, toccò i 14.9 punti per gara. Ottenne anche la prima chiamata in azzurro. E nel 2020 diventò ufficialmente un giocatore di Serie A, a Brescia. L’8 novembre del 2000 segnò per la prima volta in doppia cifra. Curiosamente al Mediolanum Forum contro l’Olimpia. “Ma non giocavo molto quell’anno – ricorda – per cui sì ho ricevuto una grande dose di fiducia quando ho fatto quella partita, a Bologna”. Aveva appena compiuto 20 anni. Brescia a sorpresa sbancò Bologna: contro la Virtus, contro Marco Belinelli, esplose con 23 punti in 25 minuti. Roba da tiratore. I tiratori sono così. Prendono fuoco. In quella stagione, Bortolani non ha avuto continuità, né di minuti né di rendimento. Ma a fine stagione segnò un’altra volta 23 punti, contro Cremona, e poi 24 la settimana successiva contro Pesaro. “Ho girato tanto, cambiato tante squadre in questi ultimi anni, mi è servito per conoscere nuove persone, nuovi ambienti e arricchire il mio bagaglio. Ma ora sono contento di essere qui, per me si tratta di lavorare per migliorare ogni giorno, ascoltare gli allenatori, ascoltare i compagni, perché ho da imparare da tutti loro, e vedere cosa succede”, ammette.
L’anno successivo è passato da Brescia a Treviso. Un altro passo avanti, come continuità e come picchi di rendimento. 15 gare in quintetto, 18 prove in doppia cifra, cinque ad almeno venti punti segnati, il top di 27, 14.4 punti di media nelle ultime dieci partite della stagione e il trofeo di miglior giovane della BCL. “Non sapevo neanche esistesse quel trofeo – ricorda – Poi a metà stagione ho letto un articolo in cui venivo menzionato come un candidato. Ho visto che poteva anche essere che premiassero me e ho provato a vedere se potevo farcela. È successo. È stato bello, una soddisfazione. So anche che a lungo termine non significa niente, che bisogna ancora lavorare e migliorare tanto”.
La stagione scorsa è stata la più complessa. Prima si è messo in discussione trasferendosi per la prima volta all’estero, a Manresa, poi la squadra catalana di fatto ha rimescolato tutte le carte e lui è tornato in Italia, a Verona. Anche lì 11 gare su 23 in doppia cifra, altri 23 punti segnati alla Virtus Bologna, tre sole presenze in quintetto ma segnando 51 punti in quelle tre partite. “Mi piacevano Kobe Bryant e Allen Iverson: non potendo indossare il numero 12 di Billy Baron ho optato per il 3 che è la somma delle due cifre ed è anche il numero di Iverson. Lo scorso anno ho guardato tanto Billy Baron”, puntualizza. Baron è più basso di lui, ma gioca lo stesso ruolo, guardia tiratrice, e si è costruito una carriera grazie al tiro. Bortolani lo guarda e prova a imparare. “In realtà, posso e devo imparare da tutti – ammette -, ma certo ci sono cose di Billy Baron di cui posso far tesoro. Ho notato che ha un rilascio velocissimo e che non importa quando sbaglia continua a prendersi i suoi tiri con fiducia. Questo è un particolare importante”. Un dettaglio da ricordare, ogni giorno, ogni possesso, ogni tiro.