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Gherardini, full immersion nella Nba

Il gm della Benetton per dieci giorni negli States alla ricerca di talenti

TREVISO. Che ci fa il procuratore generale della Benetton Basket in giro per gli Usa? Risposta facile: è andato a vedere come vanno le cose nel giro che conta, dove del resto è un habitué, approfittando della circostanza per salutare gli ex membri della grande famiglia biancoverde, che il cordone ombelicale con la Ghirada non l'hanno mai tagliato. Dieci giorni di aggiornamento professionale, dunque, per Maurizio Gherardini (accompagnato dal responsabile dello scouting, Massimo Biasin) che domani torna alla base: San Antonio, Denver, Dallas, Chicago e New York le tappe, una full immersion nel grande mare della Nba per l'ambasciatore della Benetton. L'abbiamo raggiunto telefonicamente nel Texas, a Dallas. «Abbiamo approfittato della pausa di campionato per farci un'idea dell'inizio della stagione americana», spiega Gherardini, «qui riusciamo a vedere diverse gare di Nba e Ncaa ed a incontrarci con molti personaggi, sfruttando il fatto di avere dei buoni contatti sul posto. Posso ribadire che negli Stati Uniti il nome Benetton rappresenta molto anche per tutte le attività che facciamo a Treviso, le prove sono i nostri ragazzi (Nachbar e Tskitishvili, ndr) andati a giocare tra i pro".
Il vostro lavoro di monitoraggio, dunque, non conosce soste.
«Sì, e non solo in America. D'altra parte, quando nella Nba ci sono 67 giocatori non americani ed un centinaio nei college, credo valga la pena venire qui per rendersi conto delle possibilità che si potrebbero presentare in futuro, e sto parlando anche degli eventi che vorremmo mettere in cantiere alla Ghirada. Sicuramente una buonissima esperienza, molto interessante, siamo stati in grado di constatare com'è l'organizzazione dei club americani».
Poi avete un salvacondotto speciale, il nome Benetton.
«In effetti, al di là dei rapporti personali, è un marchio che rappresenta un grande gruppo, capace di aprire tantissime porte, e la Benetton Basket è chiaramente la società di riferimento. Questo è il risultato di anni di lavoro, perché non si può far tutto dalla sera alla mattina, è una semina costante che va fatta e continuata nel tempo».
Con chi vi siete visti, finora?
«A San Antonio abbiamo parlato con il giemme degli Spurs, Buford, e con tutto il loro staff tecnico: Popovic, Carlesimo. A Denver con Vandeweghe e Waltman, che era stato a Treviso un paio di settimane fa».
Avrai incontrato anche Nachbar e «Skita».
«A Denver siamo stati ospiti a cena di Tskitishvili, una serata a base di specialità... georgiane, una cosa molto simpatica. L'abbiamo visto anche giocare con i Nuggets e segnare qualche canestro. Nick ci ha confermato che conserva ancora un fortissimo legame con la nostra società, gli abbiamo portato lo year book ma sapeva già tutto, era quasi più informato di noi. Nachbar (che gioca a Houston, ndr), invece, non l'abbiamo potuto incontrare perché è stato via due giorni, i Rockets lo avevano mandato a recuperare il visto di lavoro: con lui ci siamo sentiti al telefono, ed anche con D'Antoni, Rebraca, Kukoc. Ormai la comunità biancoverde in America si sta espandendo...».
D'Antoni come sta andando da vice allenatore di Phoenix?
«Dice di essere molto soddisfatto, la squadra è andata abbastanza bene in pre-season, poi all'inizio hanno avuto qualche difficoltà ma l'ho sentito gasato, motivato. Penso che abbia trovato quello che cercava».
si. fo.
Fonte: La Tribuna
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