Kreso Loncar lo aspetta in macchina per dargli un passaggio fino alla Ghirada. Il giovane croato, ad ogni allenamento al Palaverde, carica Manuchar Markoishvili, per tutti «Marko» e il ceco David Steffel, i due giovani che hanno il compito di trasportare le bottiglie di acqua minerale e vettovaglie varie della squadra. Stavolta, però, visto che dobbiamo intervistarlo, un passaggio glielo offriamo volentieri noi.
E, nel tragitto dal Palaverde alla Ghirada, il colloquio, in un inglese scolastico da ambo le parti, è più piacevole dei dieci minuti trascorsi nel buio del corridoio esterno allo spogliatoio dei campioni d'Italia. Quel che colpisce di questo georgiano, non ancora sedicenne (il suo compleanno cade il 17 novembre), l'ultima scoperta di quel talent-scout di Maurizio Gherardini, è la sua estrema semplicità, un atteggiamento che gli servirà per diventare un grande.
'Manu', domenica, contro Fabriano, non sei andato poi così male...
«Non sono d'accordo, ho commesso molti errori. Ho avuto la possibilità di entrare nel turn-over a causa dell'assenza di Mario (Stojic, ndr), avrei potuto giocare meglio: devo ancora lavorare tanto».
Sotto tale aspetto, i maestri, qui a Treviso, non ti mancano...
«Sicuramente: Ettore Messina è un coach molto professionale, sicuramente più esperto di quello che avevo al Basco Bitumi. Ma anche con Lele (Molin, ndr) e Renato (Pasquali, ndr) sto imparando moltissime cose».
A proposito d'imparare: come va con lo studio dell'italiano?
«La vostra grammatica non è facile, però ci sto mettendo tanto impegno per iniziare a parlare l'italiano. Comunque, dopo un mese di scuola, comincio a capire qualcosa».
Senti qualche volta il tuo connazionale Skita?
«Mi ha chiamato lui un paio di volte dall'America: Nik è un ragazzo straordinario che fara sicuramente molta strada anche nella Nba».
Com'è il livello del basket in Georgia?
«Discreto: abbiamo due giocatori che militano nella Nba (oltre a Tskitishvili, con i Denver Nuggets, c'è Stepania, centro dei Miami Heat, ndr) e il livello del campionato, vinto per due anni di seguito dalla mia ex squadra, è cresciuto notevolmente».
Speri anche tu di arrivare un giorno nella Nba?
«In questo momento non fa parte dei miei pensieri. Ho firmato con la Benetton un contratto di tre anni con la possibilità di allungarlo per altre cinque stagioni. Intanto, qui sto bene, ma dovrò lavorare tantissimo per diventare forse un giocatore da Nba».
Che tipo di giocatore sei?
«Sono essenzialmente una guardia, ma non disdegno di giocare da numero tre. In Georgia, da tre, avevo una percentuale del 45% e una media punti di 14,6 a partita».
Qui in Italia sarà difficile ripetere queste cifre...
«Sicuramente, qui le difese sono molto dure, ma, vedrete che, un po' alla volta, mi ci abituerò».
Come ti trovi con il resto dei compagni?
«Benissimo, la Benetton è una grande famiglia: tutti, da capitan Pittis in testa, fino a Kreso Loncar, con il quale esco spesso, mi hanno messo nelle condizioni ideali per inserirmi nel migliore dei modi nella squadra. Alla fine delle partite andiamo quasi sempre tutti assieme a cena, un fattore importante per cementare lo spogliatoio. Sono capitato in un club fra i migliori d'Europa e per me è stata davvero una grande fortuna».
In bocca al lupo, «Marko».
E, nel tragitto dal Palaverde alla Ghirada, il colloquio, in un inglese scolastico da ambo le parti, è più piacevole dei dieci minuti trascorsi nel buio del corridoio esterno allo spogliatoio dei campioni d'Italia. Quel che colpisce di questo georgiano, non ancora sedicenne (il suo compleanno cade il 17 novembre), l'ultima scoperta di quel talent-scout di Maurizio Gherardini, è la sua estrema semplicità, un atteggiamento che gli servirà per diventare un grande.
'Manu', domenica, contro Fabriano, non sei andato poi così male...
«Non sono d'accordo, ho commesso molti errori. Ho avuto la possibilità di entrare nel turn-over a causa dell'assenza di Mario (Stojic, ndr), avrei potuto giocare meglio: devo ancora lavorare tanto».
Sotto tale aspetto, i maestri, qui a Treviso, non ti mancano...
«Sicuramente: Ettore Messina è un coach molto professionale, sicuramente più esperto di quello che avevo al Basco Bitumi. Ma anche con Lele (Molin, ndr) e Renato (Pasquali, ndr) sto imparando moltissime cose».
A proposito d'imparare: come va con lo studio dell'italiano?
«La vostra grammatica non è facile, però ci sto mettendo tanto impegno per iniziare a parlare l'italiano. Comunque, dopo un mese di scuola, comincio a capire qualcosa».
Senti qualche volta il tuo connazionale Skita?
«Mi ha chiamato lui un paio di volte dall'America: Nik è un ragazzo straordinario che fara sicuramente molta strada anche nella Nba».
Com'è il livello del basket in Georgia?
«Discreto: abbiamo due giocatori che militano nella Nba (oltre a Tskitishvili, con i Denver Nuggets, c'è Stepania, centro dei Miami Heat, ndr) e il livello del campionato, vinto per due anni di seguito dalla mia ex squadra, è cresciuto notevolmente».
Speri anche tu di arrivare un giorno nella Nba?
«In questo momento non fa parte dei miei pensieri. Ho firmato con la Benetton un contratto di tre anni con la possibilità di allungarlo per altre cinque stagioni. Intanto, qui sto bene, ma dovrò lavorare tantissimo per diventare forse un giocatore da Nba».
Che tipo di giocatore sei?
«Sono essenzialmente una guardia, ma non disdegno di giocare da numero tre. In Georgia, da tre, avevo una percentuale del 45% e una media punti di 14,6 a partita».
Qui in Italia sarà difficile ripetere queste cifre...
«Sicuramente, qui le difese sono molto dure, ma, vedrete che, un po' alla volta, mi ci abituerò».
Come ti trovi con il resto dei compagni?
«Benissimo, la Benetton è una grande famiglia: tutti, da capitan Pittis in testa, fino a Kreso Loncar, con il quale esco spesso, mi hanno messo nelle condizioni ideali per inserirmi nel migliore dei modi nella squadra. Alla fine delle partite andiamo quasi sempre tutti assieme a cena, un fattore importante per cementare lo spogliatoio. Sono capitato in un club fra i migliori d'Europa e per me è stata davvero una grande fortuna».
In bocca al lupo, «Marko».
Fonte: La Tribuna