Italiani e Nba, un affare per pochi. E mal riuscito, purtroppo. In principio - anno Domini 1995 - fu Vincenzino Esposito, talento puro e faccia tosta. I Raptors, quando nacquero, lo convinsero a lasciare la Fortitudo Bologna e se lo portarono a Toronto: basket e marketing, perché la presenza del tiratore casertano sarebbe stata un richiamo per la comunità italiana. Dopo varie sofferenze, sfoghi che non piacquero al club e tanta panchina, Esposito ebbe la sua chance : nel finale di una stagione per i Raptors giocoforza perdente, ebbe minuti e occasioni per scaricare nel canestro altrui la sua rabbia. L’apoteosi avvenne a New York, contro i Knicks, mentre un tipo dal parterre lo sbertucciava («Italiano, mafia, pizza e macaroni»): Esposito gli passava davanti, raccoglieva l’insulto, segnava. Ventun punti e una frasaccia per il provocatore: «Adesso baciami il sedere». Quello fu anche l’addio a un mondo che Vincenzo aveva già liquidato, appagato dal fatto di aver dimostrato di poter giocare, tra i «mostri».
In quella stessa stagione tentò la sorte pure Stefano Rusconi: lasciò Treviso per Phoenix. Ma in Arizona lo usarono più come portaborse che come pivot. Stefano avrebbe dovuto pazientare e lavorare. Prevalsero invece i musi lunghi e le nuove offerte dall’Italia. Da quel giorno, mai più un azzurro ha giocato nella Nba: non Meneghin (nel ’99 Toronto lo misurò e basta), non Pozzecco (illusioni più che realtà, alla Summer League 2001), non Fucka, anche se i Clippers l’avrebbero ingaggiato (ma non alle cifre europee). La morale? È del c.t. Carlo Recalcati: «Il talento da Nba è stato il Myers giovane. E subito dopo il primo Fucka. Ma ai tempi gli americani erano ancora diffidenti: insomma, abbiamo perso il tram. E chi ha avuto la chance, non ha saputo soffrire». Il guaio è che il futuro è nero: «Non si vedono giovani validi e in Europa siamo l’unica delle nazioni di spicco a non avere giocatori tra i "pro"». Meditate, gente, meditate.
f.van
In quella stessa stagione tentò la sorte pure Stefano Rusconi: lasciò Treviso per Phoenix. Ma in Arizona lo usarono più come portaborse che come pivot. Stefano avrebbe dovuto pazientare e lavorare. Prevalsero invece i musi lunghi e le nuove offerte dall’Italia. Da quel giorno, mai più un azzurro ha giocato nella Nba: non Meneghin (nel ’99 Toronto lo misurò e basta), non Pozzecco (illusioni più che realtà, alla Summer League 2001), non Fucka, anche se i Clippers l’avrebbero ingaggiato (ma non alle cifre europee). La morale? È del c.t. Carlo Recalcati: «Il talento da Nba è stato il Myers giovane. E subito dopo il primo Fucka. Ma ai tempi gli americani erano ancora diffidenti: insomma, abbiamo perso il tram. E chi ha avuto la chance, non ha saputo soffrire». Il guaio è che il futuro è nero: «Non si vedono giovani validi e in Europa siamo l’unica delle nazioni di spicco a non avere giocatori tra i "pro"». Meditate, gente, meditate.
f.van