Ci mancherai, Nino, ci mancherai terribilmente. Alla vigilia del derby la Virtus – ma non solo la Virtus – perde il suo gigante, Nino Calebotta, quattordici stagioni da protagonista con una V nera sul petto, due scudetti con lo sponsor Minganti, 314 presenze e 3.255 punti realizzati con quei colori stampati sulla pelle. Ma i numeri, da soli, non rendono giustizia, a questo gigante. Un gigante vero e proprio perché Nino, con i suoi 206 centimetri, è stato l'uomo che è entrato di prepotenza nel mondo della pallacanestro. Ma l'ha fatto a modo suo, con modi gentili e garbati. C'era solo una cosa che lo faceva imbestialire: quando la gente si accostava a lui, nel tentativo di stabilire le differenze, in centimetri, tra un comune mortale e il re dei canestri. L'unica cosa che lo faceva arrabbiare perché per il resto, Nino, era fin troppo buono. Classe 1930, discendente da una stirpe di nobili albanesi, Calebotta, insieme con Mario Alesini (scomparso la scorsa estate) e Achille Canna, dava vita al “trio Galliera”. Quei tre giovanotti degli anni Cinquanta aveva preso casa in centro e vista l'altezza e lo sport non poteva passare inosservati. Nino lascia la moglie Laura, tre figlie, e una storia bellissima, quella che ha saputo scrivere, prima da giocatore, e poi da semplice appassionato, continuando a seguire la pallacanestro, pur avendo intrapreso un'attività differente. Un anno fa, in estate, era stato uno dei protagonisti delle serate della Sala Borsa. E proprio lì l'avevamo conosciuto e apprezzato. Una persona affabile, capace di affascinare con i suoi modi garbati, messi in risalto dall'altezza, con quella voce tonante e con quei ricordi che hanno fatto di lui uno dei più grandi giocatori mai passati in bianconero. Raccontava quella Virtus, la sua Virtus, e quelle partite leggendarie in Sala Borsa, come se fosse un'avventura chiusa da un paio di giorni con la capacità, straordinaria, di ricreare quelle atmosfere. Persino il ritmico battito delle mani, sulle balaustre.«Aveva cominciato a star male alla fine dell'estate – racconta Achille Canna, più che un amico un fratello di Nino -, improvvisamente. Lui, io, e Mario Alesini, eravamo sempre insieme. Insieme abbiamo giocato nella Virtus, insieme abbiamo preso parte alle Olimpiadi del 1960, a Roma». Ricoverato prima al Bellaria, Nino era stato trasferito a Bentivoglio dove domani, alle 15,30, ci sarà l'ultimo saluto al primo gigante (non solo d'altezza…) della storia del basket italiano. Ci mancherai, Nino, e non basterà un minuto di silenzio per rendere omaggio a sufficienza alla tua memoria.
Alessandro Gallo
Alessandro Gallo
Fonte: Il Resto del Carlino