Parlando ad Andrea Tosi su “La Gazzetta dello Sport”, Attilio Caja ha raccontato le sue origini da allenatore ad inizio anni ’90: “Ho iniziato nelle giovanili di Pavia mentre facevo il rilevatore tributario in comune, un posto vinto per concorso. Alle 14 smettevo in ufficio le indagini su persone con redditi sospetti e alle 14.30 ero in palestra con le giovanili. In quel tempo i vivai erano fiorenti e facevano mercato”.
Nel lungo viaggio della sua carriera, Caja ha potuto allenare tanti campioni: “Da Pavia in A2 con l'ultimo Oscar a Roma, poi Pesaro e Milano e via via le altre piazze. Tanti campioni: Myers, Magnifico, Allen, Blair, Booker, Naumoski. E altri ancora. Presto mi hanno appiccicato l'etichetta di sergente di ferro che è riduttiva del mio modo di essere. Mi piace il rispetto delle regole, dovrebbe essere la normalità ma in questo mondo è ormai l'eccezione. Sono cresciuto con la generazione di Messina e Scariolo con lo stesso metodo di lavoro. Loro bravissimi, fonte di ispirazione per me”.
“Io non sono difensivista, nelle mie squadre ho sempre privilegiato l'attacco. Lo faccio anche a Scafati. Puntiamo alla salvezza giocando bene: con un play di 40 anni come Logan, grande professionista, e un jolly come Okoye, inoltre ho trovato Stone molto motivato. Qui c'è un bel ambiente. Conosco il Sud e abito a Pompei, perfetta per me. Sono felice”, conclude Caja.