“Come sto vivendo questa vigilia? Sono agitatissimo, più il momento si avvicina più sonoteso. La verità è che a Sassari sono stato meravigliosamente bene e ci saranno tante persone che sarò felice di rivedere, non solo dell'ambiente del basket. Perché io sono stato bene col club, con lo staff e con i giocatori, ma anche le persone che incontravo quotidianamente”, dice Gianmarco Pozzecco ad Andrea Sini su “La Nuova Sardegna” al ritorno in quella che è stata la sua Sassari per il match di campionato tra Banco di Sardegna e A|X Armani Exchange.
“Da voi ho fatto una vita molto semplice, andavo a fare colazione in via Roma”, prosegue Poz, “facevo la spesa in piazza Fiume, chiacchieravo con la gente per strada, se fossi andato a Castelsardo, a Bosa o da un’altra parte sarei stato sempre trattato come uno di casa. Sono tutte cose che mi hanno gratificato e che mi mancano tanto. Ho vissuto in ogni momento l'affetto della gente e l'entusiasmo che tutti insieme avevamo creato, ho scoperto davvero un popolo straordinario. E mi sono convinto di una cosa: la Dinamo è la Dinamo, ed è così speciale, perché è una squadra della Sardegna”.
Chi vorrà rivedere per primo Gianmarco nel suo ritorno a Sassari? “Non vedo l'ora di abbracciare i "miei" ragazzi, questa è la prima cosa. Ma sarò felicissimo di salutare le tante persone che mi hanno consentito di vivere bene, di stare bene. Anche Stefano Sardara? Sì, anche lui, perché mi ha dato un'opportunità e questo resta. Quando mi ha chiamato ero davvero un pensionato in pantofole davanti alla tv. Ci siamo già rivisti e l'ho salutato, lo sport è fatto di cerchi che si chiudono e di storie che finiscono, anche bruscamente, ma abbiamo il dovere di preservare quanto di bello abbiamo vissuto insieme. E poi, ovviamente tutti quelli che lavorano nel mondo Dinamo, stavolta con priorità allo staff medico: l'altra volta quando sono andato via non ho potuto salutarli e ancora mi dispiace, sono davvero grato per la loro professionalità e la loro umanità”.
Inutile dire che l’attesa per il ritorno al PalaSerradimigni è tanta anche per lui: “Se dicessi che non spero in una bella accoglienza sarei un ipocrita. Ma sono già abbastanza teso per pensare anche a questo. Se anche mi applaudiranno dieci persone, sarei comunque felice per tutto quello che c'è stato”.
Infine, Pozzecco ha analizzato il suo rapporto con il capoallenatore Messina: “Ettore è mentalità vincente, etica del lavoro e cultura della vittoria. Siamo consapevoli del fatto di essere competitivi su tutti i fronti, ed è quello che un allenatore deve mettere in piedi. Fatte le debite proporzioni, era ciò che eravamo riusciti a costruire in Sardegna, in un contesto diverso e scala diversa. La sua mentalità è unica, è tra i pochi sportivi che abbia conosciuto che abbiano quasi un'ossessione rispetto alla vittoria, e stando vicino a lui non puoi che rispettarla. Ho sempre pensato che per fare il vice devi voler bene al tuo capo allenatore, non devi avere altra gratificazione personale se non la sua, non c'è spazio per altro: per me è una cosa indispensabile. Con Ettore ora sento di volergli bene come persona: non so se sia stato un processo lungo o corto, di certo c'è voluto del tempo, ma il rapporto è cresciuto anche di pari passo con la crescita della fiducia che lui ha in me. Credo di averlo convinto di essere affidabile. Qualcuno sorride perché a volte sono io a calmare lui? Io sono focoso quanto lui, ma stare composto fa parte del mio ruolo. Quando lo vedo agitato mi dispiace, lo vorrei vedere contento e cerco di fargli vedere sempre il bicchiere mezzo pieno. E per noi, onestamente, in questa stagione il bicchiere è molto pieno”.