Intervistato da Flavio Vanetti sul “Corriere della Sera” e reduce da una striscia di sette successi nelle otto partite allenate a Varese, coach Johan Roijakkers si racconta parlando anche del motivo per cui ha smesso di giocare a basket a 23 anni: “Ero un playmaker, nel contempo studiavo economia. La mia squadra belga mi propose di fare il viceallenatore. Mi ero laureato, però non lavoravo: accettai per un anno. Ma ero meglio come tecnico che come giocatore. Prima di Varese, anche la G-League a Rio Grande, quindi la Slovacchia e infine la Germania. È stato il vicino di casa ad avviarmi al basket. Aveva aperto un'agenzia di marketing, oggi è una potenza nello sport: quando firmai per il Bamberg mi chiamò Louis van Gaal”.
Il motivo di questo balzo in avanti dell’Openjobmetis per Roijakkers è uno solo: “La semplificazione del gioco: ora difendiamo in un solo modo, prima si usavano cinque soluzioni. Ho visto video di match precedenti al mio arrivo: partite preparate benissimo, ma c'era tanta carne al fuoco. La squadra pareva un vecchio computer Commodore 64, quello che quando caricavi troppe informazioni rallentava o si impallava. Less is more”.
Un plauso Rojan lo riserva anche a Luis Scola, GM della squadra: “Ci regala il suo cervello e
una tonnellata di esperienza: nessuno in Europa ha idee tanto moderne”.
Al momento l’Openjobmetis sarebbe 7ª in classifica e ai playoff ma l’olandese non si sbilancia: “Non bado né a chi c’è sopra né a chi sta sotto, io guardo solo avanti”.
Elogi al coach olandese arrivano poi da una leggenda come Carlo Recalcati: “Oltre all'indubbia bravura, il suo pregio è aver capito la squadra in poco tempo. Lo dico da sempre: la migliore qualità di un allenatore è mettere i giocatori nelle condizioni per esprimere il loro potenziale”, ha dichiarato a Paolo Bartezzaghi su “La Gazzetta dello Sport”.