di Filippo Stasi
Leonardo Totè, domenica scorsa la Fortitudo ha colto la prima vittoria esterna stagionale. Avete resistito alla rimonta furiosa della Gevi Napoli, che sulle ali di un Jordan Parks spaziale vi ha dato filo da torcere fino alla sirena finale...
Da tanto tempo cercavamo un successo in trasferta e finalmente a Napoli ci siamo riusciti. È vero, abbiamo corso rischi nella fase finale del match, con Parks che è stato incontenibile e li ha fatti rientrare in partita… Però siamo stati bravi anche noi a gestire il vantaggio, senza farci consumare dal nervosismo. È stata una vittoria fondamentale, che ci dà la carica giusta in vista di un girone di ritorno che comincerà contro Tortona, partita che stiamo preparando in questi giorni. Lavoriamo in settimana con l’obiettivo di aprire una striscia di risultati utili e trovare quindi continuità di prestazioni; stiamo lavorando finalmente al completo e con se continueremo a metterci l’impegno già profuso nelle ultime settimane, potremo ambire a scalare posizioni in classifica.
La svolta stagionale della Fortitudo Kigili Bologna si può dire che è arrivata - nonostante la sconfitta finale - nel derby giocato a viso aperto fino all’ultimo minuto contro la Virtus Segafredo?
Comincio dicendo che quella che mi hai ricordato rientra tra le sconfitte più amare da mandare giù: per il valore che ha la stracittadina naturalmente, ma anche perché è tremendo non riuscire a portare a casa una partita equilibrata in un finale punto a punto... Tuttavia, è stata una partita importante per noi: ce la siamo giocata alla pari contro una squadra di vertice e questo ci ha dato fiducia nei nostri mezzi, oltre che una spinta che poi ci ha permesso di vincere partite difficili come l’ultima al PalaBarbuto, contro un’altra squadra che nel girone d’andata ha fatto molto bene come Napoli. Il derby ci ha forse aperto gli occhi in merito a quelle che sono le nostre potenzialità; ora sta a noi trovare sempre più continuità. Coach Martino ci sta aiutando in questo, gestendo la situazione con grande consapevolezza e una sicurezza che riesce a trasmettere a noi giocatori in campo. Ci sprona, ci carica costantemente; credo ci stia guidando nel migliore dei modi verso i nostri obiettivi.
La Fortitudo sembra aver trovato la quadra anche grazie a Jabril Durham, arrivato a stagione in corso ma inseritosi perfettamente in un roster che è stato soggetto a diverse modifiche negli ultimi mesi, rispetto a inizio stagione. Ad oggi, considerando anche il fatto che gioca come playmaker, è lui il vostro leader maximo sul parquet?
Ritengo che la Fortitudo che stiamo vedendo nelle ultime uscite sia una squadra modellata, costruita nella maniera giusta. Tutti i ‘pezzi’ che vanno a comporre il roster sono al loro posto, ben assemblati e finalmente stiamo tornando al completo dopo un periodo non semplice tra infortuni e casi Covid. Durham senza dubbio è un leader, vocale e tecnico. È il nostro metronomo: mette in ritmo tutti i compagni e mi cerca spesso sulle rollate a canestro come bersaglio dei suoi assist, quindi devo sempre farmi trovare pronto a ricevere, perché è uno dei migliori passatori del campionato e posso aspettarmi un pallone tra le mani in qualsiasi momento. È senza dubbio un riferimento importante per la squadra, assieme a Pietro Aradori e altri veterani come lo stesso Robin Benzing. Parliamo di giocatori esperti che conoscono cosa serve per vincere e dunque ci guidano sulla giusta strada. La loro è una leadership propositiva, che non sfocia mai nell’arroganza: riescono a tenere in equilibrio un gruppo che, essendo cambiato tanto negli ultimi mesi, ha bisogno di punti di riferimento solidi come loro.
Hai parlato di problemi fisici che vi hanno limitato: tu in primis ne hai sofferto in questa prima parte di stagione. Ora ti senti pienamente recuperato e che tipo di contributo ambisci a portare alla squadra?
Ho dovuto smaltire dei problemi alla schiena, ma ora - facendo tutti i dovuti scongiuri - mi sento di dire che sono risolti. Inizialmente pensavo fossero noie di natura muscolare, ma giocandoci sopra la situazione si è aggravata, per cui mi sono fermato per sottopormi ad accertamenti che hanno evidenziato problemi a livello dei dischi intravertebrali. Mi sono curato come dovevo e anzi, sono rimasto fuori qualche partita più del dovuto per recuperare al meglio e sentirmi sicuro nei movimenti. Sto ritrovando la miglior condizione e penso di aver contribuito abbastanza bene nelle ultime uscite stagionali, pur giocando in un ruolo - quello del 5 - che per caratteristiche posso ricoprire, sebbene mi senta più un 4. Lo scorso anno con coach Dalmonte ho avuto minuti più da ala forte che da centro; quest’anno mi viene chiesto di fare il 5 per lo più e mi sto adattando come ‘lungo dinamico’… Finora anche da centro sto fatturando abbastanza bene, spero di proseguire così! Ma non nascondo che mi piacerebbe avere minuti anche da 4 nel corso della stagione. Da ala forte credo che la mia versatilità possa essere valorizzata al massimo, ma ovviamente sta al coach decidere come posso essere più funzionale alla squadra in base alle necessità della stessa.
Ci racconti della esperienza che hai maturato con la Nazionale 3 contro 3? Non molti forse ricordano che hai vinto un argento ai Giochi del Mediterraneo di Terragona 2018, per poi disputare il Mondiale dell’anno seguente, in Cina, sempre con la Nazionale 3x3… Per un professionista di basket 'tradizionale', quanto cambia, quanto bisogna adattarsi a una pallacanestro così tanto differente, anche nelle regole?
La pallacanestro 3 contro 3 è innanzitutto una disciplina divertentissima. Sarà che faccio parte di quei ragazzi che possono dire di essere cresciuti giocando al campetto, e quindi in quel basket più ‘improvvisato’ ritrovo le mie radici… Fatto sta che se in estate c’è l’occasione di partecipare a tornei del genere, non mi tiro mai indietro. E infatti nel 2018, quando coach Andrea Capobianco - che già mi aveva allenato a livello giovanile, sempre in Nazionale - mi chiamò per chiedermi di partecipare ai Giochi del Mediterraneo per l’Italbasket 3x3, non esitai ad accettare. È certamente un basket diverso da quello tradizionale: non nascondo che abbiamo scoperto molte regole del 3x3 il giorno stesso del debutto a Terragona (ride, ndr). Ma anche gli allenamenti vengono strutturati ad hoc per arrivare al momento della performance nelle migliori condizioni per quel tipo di sforzo, più intenso. La squadra che a Terragona ha poi vinto l’argento era composta da me, Vittorio Nobile, Riccardo Bolpin e Marco Spissu, quindi parliamo di professionisti che hanno fatto o stanno facendo la loro figura tra Serie A2 e A1, con Marco che da questa stagione si è addirittura ritagliato la possibilità di giocare minuti importanti per un team di Eurolega. Mentre al Mondiale di Cina 2019 assieme a me c’erano Bruno Mascolo (attualmente in forza al Bertram Derthona, ndr), Giorgio Di Bonaventura e Carlo Fumagalli: tre dei miei più grandi amici, coi quali ho condiviso un’esperienza molto piacevole. Come detto, ho sempre partecipato con entusiasmo le volte che sono stato chiamato a dare il mio contributo in Nazionale in estate, a livello giovanile prima e per il 3x3 poi. E sarà così anche in futuro, se dovessero arrivare nuove chiamate… Per me il basket resta sempre, primariamente, una passione e un divertimento."