Inizia da oggi la nostra rubrica NBA Courtside: chi sale e chi scende dopo l’ultima settimana NBA.
Nella settimana mediaticamente cannibalizzata dalla scalata di Steph Curry al primo posto della classifica delle triple segnate nella storia NBA, che vede attualmente il nativo di Akron a -6 da Ray Allen dopo la partita di questa notte persa contro i Philadelphia 76ers, analizziamo le squadre che più si sono messe in mostra, nel bene e nel male, negli ultimi 7 giorni.
Chi sale: Cleveland Cavaliers-Memphis Grizzlies-Utah Jazz
Cleveland Cavaliers: dopo la vittoria della notte con tanto di primo tempo stellare (81 punti segnati) e brivido nel finale con i Sacramento Kings tornati a contatto proprio negli ultimi minuti, la franchigia dell’Ohio occupa a sorpresa il quinto posto della Eastern Conference. I Cavs si stanno dimostrando squadra capace di costruire le sue fortune anzitutto nella metà campo difensiva, grazie alla protezione del ferro offerta dalla coppia formata dall’ex Nets Jarrett Allen (17 punti e 11 rimbalzi di media con il 70% dal campo, sarebbe il primo giocatore nella storia capace di chiudere con questi numeri uniti a una percentuale così alta) e dal rookie delle meraviglie Evan Mobley (migliore tra gli esordienti per rimbalzi e stoppate), ai quali si è recentemente unito Isaak Okoro, altro cultore della difesa, a dare manforte. In attacco invece, all’interno di una squadra capace di portare comunque ben 7 uomini in doppia cifra di media (che sarebbero 8 con Collin Sexton, attualmente infortunato e fuori per tutta la stagione), il go-to-guy si chiama Darius Garland (19 punti, 7 assist di media, e percentuali del 47/38/89% dal campo, da tre e ai liberi), letteralmente esploso dopo il ko del compagno di reparto e investito a tutto tondo dei compiti di playmaking in coabitazione con Ricky Rubio, che in un gruppo molto giovane e reduce da anni di insoddisfazioni ha portato esperienza e razionalità. Il lavoro di coach J.B. Bickerstaff e di tutto lo staff tecnico si vede e sta finalmente mostrando i suoi frutti, con una pallacanestro godibile e successi di livello contro squadra ben più quotate. Cleveland, infatti, ha avuto il secondo calendario più difficile da inizio anno, circostanza che dà ancora più valore ad un record di 16 vittorie e 12 sconfitte che vede Mobley e compagni sopra squadre partite con ben altri obiettivi come Celtics, Hawks, Knicks o 76ers. Il bello è che sembra essere appena all’inizio di quella che negli anni a venire sarà la maturazione definitiva del gruppo.
Memphis Grizzlies: no Morant-no problem. Dopo la sconfitta per 132-100 contro gli Atlanta Hawks e l’infortunio patito dalla giovanissima stella della squadra, i Grizzlies hanno inanellato ben 7 successi in 8 sfide, issandosi fino al quarto posto in solitaria della Western Conference e mostrando la profondità di un roster capace di andare oltre l’esuberanza fisica e i canestri del numero 12. A salire paurosamente di livello nel recente momento positivo sono stati su tutti Desmond Bane, giocatore al secondo anno che gravato da inusuali compiti da playmaker in coabitazione con Tyus Jones non sta sfigurando mostrando evidenti miglioramenti rispetto alla scorsa stagione anche in termini di creazione per i compagni e uscendo definitivamente dalla concezione di semplice “3&D” che lo accompagnava all’ingresso nella lega, e la coppia Dillon Brooks-Jaren Jackson Jr, sempre in doppia cifra nelle gare vinte, con quest’ultimo finalmente vicino agli standard di rendimento che hanno motivato in estate Memphis ad offrirgli una ricca estensione contrattuale per i prossimi 4 anni. Col rientro di Morant che si avvicina, i Grizzlies sembrano aver trovato i pilastri su cui fondare la definitiva ricostruzione e in assenza del leader tecnico ed emotivo del gruppo, tutti i comprimari sembrano essersi maggiormente responsabilizzati. Il risultato è un record di 16-11 che colloca i Grizzlies alle spalle della sola imperdibile accoppiata Warriors-Suns e degli Utah Jazz.
Utah Jazz: dopo un inizio in sordina, a Salt Lake City si è riaccesa la fiamma che negli ultimi anni ha visto i Jazz sempre tra i migliori collettivi della Western Conference. In questo momento la squadra allenata dall’ex assistente al CSKA Mosca Quin Snyder viaggia in striscia positiva di 7 partite e allargando il focus le vittorie sono 11 nelle ultime 13. In questo span, Utah si sta imponendo come migliore squadra offensiva della lega con 120.5 punti segnati, logica conseguenza di un attacco che nel frangente ha segnato oltre 18 triple a notte e sta convertendo i tiri dal campo con oltre il 50% di realizzazione. Oltre alla metà campo offensiva però, Donovan Mitchell e soci sono saliti tremendamente di colpi anche in difesa, concedendo appena il 32% dall’arco e il 44% dal campo agli avversari (rispettivamente terzo e quinto migliori risultato della lega nelle partite in questione). Utah è tornata finalmente a mostrare quella pallacanestro sinfonica su cui ha costruito le recenti fortune in regular season, con ben cinque giocatori oltre il 40% da tre (Mike Conley, Bogdan Bogdanovic, Rudy Gay, Joe Ingles e Royce O’Neale) e novità anche sul piano tattico, con la sperimentazione della small-lineup con Gay utilizzato da 5 e cambio sistematico contro tutti gli avversari. I risultati, per ora, sorridono e non poco. E dopo un brutto inizio di stagione i Jazz sono saldamente la terza migliore squadra dell’Ovest.
Chi scende: Detroit Pistons-Portland TrailBlazers-New York Knicks
Detroit Pistons: con la doverosa premessa degli obiettivi stagionali non certo di vertice e mirati allo sviluppo di un roster agli albori di una rivoluzione tecnica iniziata con la prima scelta assoluta dell’ultimo draft, quel Cade Cunnigham che dopo un inizio in sordina sta finalmente mostrando il suo valore sui due lati del campo, dopo il 109-93 subito dai New Orleans Pelicans nella notte i Pistons sono a quota 11 sconfitte consecutive e si confermano più determinati degli altri a raggiungere, a suon di partite perse, la prima scelta assoluta del prossimo anno per inserire via draft un nuovo tassello alla ricostruzione. La sconfitta subita a inizio settimana contro i “diretti avversari” Oklahoma City Thunder con tanto di ultimo quarto da 42 punti (e 15/20 al tiro) concesso rappresenta il punto più basso di una stagione in cui coach Casey deve coniugare – impresa non assolutamente semplice – i sogni di prima chiamata al draft della franchigia con a creazione di una cultura vincente nei giovani presenti nel roster. Nello straordinario equivoco che queste due forte contrapposte rappresentano ci sono tutti i problemi del “tanking” e della difficoltà nell’attuarne una forma per quanto più possibile razionale. Nel frattempo, il record dice 4-21, il peggiore di tutta la lega.
Portland Trail Blazers: tra tutte le 30 franchigie, i Trail Blazers sono probabilmente quella più in confusione. La tiepida rivoluzione estiva, con l’esonero di Terry Stotts e l’insediamento del gradito (alle star della squadra) ex campione NBA Chauncey Billups, oltre alle firme di comprimari comunque non sufficienti a cambiare le sorti a medio-lungo termine del team, non ha apportato alcun sostanziale miglioramento, anzi. Portland continua a perdere (4 sconfitte di fila e 7 delle ultime 10), ma soprattutto continua a essere deficitaria nella metà campo difensiva, triste costante degli ultimi anni, che vede i Blazers al penultimo posto nella lega per defensive rating. A complicare ulteriormente le cose, il licenziamento dell’ormai ex GM Neil Olshey a seguito di un’indagine interna alla franchigia che ha portato alla ribalta atti di bullismo e intimidazione nei confronti di altri dipendenti e l’indisponibilità di CJ McCollum, che durante la partita malamente persa coi Celtics è uscito dal campo per problemi respiratori che hanno evidenziato uno pneumotorace negli accertamenti delle ore successive. Sul tavolo del prossimo General Manager ci saranno più questioni da dirimere: la questione panchina in primis, e la sempre più insistente volontà della star Damian Lillard di competere per un anello in subordine. E se questo non potrà avvenire in Oregon (Lillard ha provocatoriamente richiesto una estensione di oltre 100 milioni fino al 2027 come appendice all’accordo quadriennale firmato lo scorso anno), ci saranno tecnicamente 29 squadre pronte ad accontentare il numero 0 e avviare, con anni di ritardo probabilmente, il rebuilding in casa Portland.
New York Knicks: la squadra allenata da Thibodeau stenta a trovare la giusta chimica sulle due metà campo dopo gli innesti estivi e attualmente, nel confronto con la passata stagione, è forse la franchigia che maggiormente sta deludendo alla luce del record di 12 vittorie e 14 sconfitte che vale un poco onorevole 12esimo record nella Eastern Conference. Un inizio in netta controtendenza con le ambizioni di inizio anno, figlie delle aggiunte in ruoli-chiave dell’ex Celtics Evan Fournier e di Kemba Walker, quest’ultimo rapidamente retrocesso nelle rotazioni fino ad esserne stato escluso dopo appena 20 partite. Rischio in parte prevedibile e ammortizzato con un contratto firmato pochi mesi fa a cifre sostenute, proprio in virtù dei tanti dubbi legati a un fisico che si è dimostrato incapace di superare gli infortuni in serie subiti degli ultimi anni. Con Walker in campo i Knicks si sono dimostrati, numeri alla mano, tra le peggiori squadre NBA ed era prevedibile che, nella disperata ricerca di un cambio di inerzia, l’ex point-guard degli Hornets sarebbe stato il primo sacrificato. Con la delusione Walker archiviata, i Knicks si attendono ora un passo in avanti da Julius Randle, fattore nella scorsa stagione con tanto di premio di Giocatore più migliorato, ma i cui numeri appaiono in preoccupante regressione e inseriti all’interno di un attacco che continua comunque sostanzialmente a passare troppo spesso per le sue mani, risentendone in maniera evidente. Colpa anche del rendimento del citato Fournier (alle peggiori percentuali in carriera) e delle prestazioni in discesa di RJ Barrett, partito con ottime percentuali ma attualmente alle prese con enormi difficoltà al tiro e reduce da un virus intestinale con il quale sta combattendo da settimane. I Knicks hanno ancora tanto tempo per rimettersi in carreggiata, ma l’idea di ricercare un attacco più collettivo a scapito della difesa, punto di forza assoluto dell’ultimo anno, per ora non sta dando i risultati sperati.
Proprio i New York Knicks, alle 18:00 di oggi, saranno impegnati contro i campioni NBA in carica dei Milwaukee Bucks. La partita sarà trasmessa in diretta su Sky Sport NBA.