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Gandini a 'La Gazzetta dello sport'. 'Solo il 25% di pubblico: a che serve il green pass?'

Gandini a 'La Gazzetta dello sport'. 'Solo il 25% di pubblico: a che serve il green pass?'

Percentuali inspiegabilmente limitate. Da lì si può solo crescere...", il velato sarcasmo del presidente della Lega Basket Umberto Gandini cela la delusione verso le nuove direttive governative.Pallacanestro e pallavolo speravano riportare i tifosi nei palasport e invece la stretta continua. Dal 6 agosto green pass obbligatorio e tetto massimo fissato al25% della capienza negli impianti al chiuso in zona bianca, sempre il 25% della capienza ma comunque non in numero superiore a mille spettatori in zona gialla. Così gli introiti da botteghino restano irrisori, generando un danno economico, per i club di basket, non più sostenibile.
Presidente Gandini, la luce in fondo al tunnel non si vede ancora.
"Vero.Se da un lato queste indicazioni danno un po' di certezze per cominciare a pianificare, dall'altro ci lasciano molto perplessi. Ne ho parlato anche con pallavolo e non capiamo. Sembra che green pass e campagna vaccinale non abbiano generato un cambio di rotta".
Insomma nulla è cambiato.
"Per noi no. La fotografia è la stessa dello scorso giugno durante i playoff. Le percentuali di riempimento sono le medesime. E non si comprende perché con il green pass si possa consumare in un ristorante senza mascherina, mentre in un palasport si debba rinunciare a tre quarti della capienza. Ci saranno al solito delle motivazioni che non ci hanno spiegato. In un anno e mezzo siamo stati ricevuti solo una volta. Come Comitato 4.0 abbiamo chiesto un colloquio al sottosegretario Valentina Vezzali, ma stiamo ancora spettando una riposta".
Da tempo lei reclama un dialogo maggiore.
"Vorremmo spiegare le nostre ragioni, illustrare le peculiarità degli sport indoor. Per esempio, abbiamo numeri ben diversi rispetto al calcio,molto più contenuti. Riempire San Siro al 50% significa portare 35mila persone. Il 25%del Forum di Assago comporta la presenza di 2500 spettatori. C'è inoltre una questione che ci penalizza".
Prego...
"Nel 2018-19, in epoca pre pandemia, la percentuale media di riempimento degli stadi del calcio era attorno al 63%. Dunque avere il 50% per decreto penalizza di certo i grandi club, ma non gli altri le cui presenze non andavano mai oltre quel tetto. La percentuale di riempimento della pallacanestro, in epoca pre covid, era invece tra il 70 el'80%. Portarci al 25% della capienza significa imporci un drammatico ridimensionamento. Chiaro, è la pandemia a dettare le regole,ma se lo scopo è anche quello di incentivare le vaccinazioni perché con il green pass puoi andare ovunque, limitazioni così rigide diventano incomprensibili. Un messaggio fuorviante".
Difficile, per i club di basket, avviare la campagna abbonamenti in una situazione del genere.
"Ne parleremo lunedì nell'assemblea di Lega. Speravamo in una stagione normale ma non sarà così. La struttura dei ricavi poggia su botteghinoesponsor e quindi il pubblico per noi è indispensabile. Ma c'è un altro problema: se si chiude di nuovo? Non è pensabile che tutto ricada sulle spalle delle società. Bisogna discutere prima gli eventuali sostegni. Noi siamo sport professionistico e i nostri costi, a parità d'ingaggio,sono molto superiori rispetto, per esempio, a quelli della pallavolo".
Pessimista?
"No, battagliero. Vorrei confrontarmi con chi contribuisce a stendere le norme. Una crescita, anche graduale, della capienza deve diventare la nostra battaglia".


Vincenzo Di Schiavi

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