Quando il varesino Adalberto Tedeschi (deceduto nel 2007) fu nominato primo presidente della Lega Basket Serie A, suo figlio Fabio aveva solo dieci anni ma seguiva già le gesta della Pallacanestro Varese targata Ignis: non aveva però potuto stare vicino alla squadra a Sarajevo quando il 9 aprile 1970 la valanga gialloblù conquistava la sua prima Coppa dei Campioni aprendo una epopea. “Ero ancora piccolo e a quel tempo si andava a letto dopo Carosello – ricorda - In campionato non mancavo mai sia in casa che in trasferta ma quella gara comunque la ricordo benissimo: l’espulsione di Ricky Jones dopo la provocazione di un giocatore dell’Armata Rossa, il trionfo finale. Mio padre si fece dare una copia della gara, la riguardavamo spesso insieme”.
Adalberto Tedeschi aveva invece seguito la gara dalla panchina, come faceva di solito da quando nel 1967 aveva assunto la guida della squadra succedendo a Edoardo Bulgheroni, padre di Antonio, già proprietario della Pallacanestro Varese e ora consigliere del club.
“Mio padre era certo un presidente animato da una grande passione. Sedeva in panchina – ricorda Fabio – e amava vivere la partita al fianco della squadra. Era il suo stile di vita, credeva nella forza del gruppo, voleva che la squadra fosse unita: ricordo le feste nella nostra casa con tutti i giocatori e dove si creava un clima di familiarità che fu alla base di una serie incredibile di risultati, in Italia e in Europa”.
Quella capacità di pensare anzitutto al bene comune prima di quello individuale, la consapevolezza che alla fine solo il gruppo poteva essere vincente e che l’uomo solo al comando non bastava, fu certo il tratto distintivo che portò i club di Serie A a scegliere Adalberto Tedeschi come loro primo presidente. “E’ sempre stato uno che ha creduto all’associazionismo: era presidente provinciale dell’’Avis, aveva creato il gruppo Avis dell’Ignis, lavorava fianco a fianco del fondatore della azienda Giovanni Borghi (di cui Tedeschi aveva sposato la figlia, Midia) ma non dimenticava mai gli altri: si occupava del Cral dell’azienda, coordinava il Basket Club dove venivano organizzate le attività dei tifosi gialloblù, di cui era il catalizzatore. Questo grazie anche alla capacità delle persone di cui sapeva circondarsi: penso al general manager Giancarlo Gualco o ad Augusto Ossola, il tesoriere che per anni è stata una figura fondamentale della Pallacanestro Varese. In definitiva era uno che legava le persone e dunque l’uomo adatto per inaugurare un sodalizio che doveva basarsi sulla reciproca fiducia”.
Anche dopo avere lasciato la presidenza della Lega e dell’Ignis nello stesso anno, il 1972, Tedeschi restò grande tifoso della squadra pur se meno presente al palasport: “Preferiva guardare le partite alla televisione piuttosto che al palasport: forse perchè gli mancava la esperienza di stare nello spogliatoio, in panchina, accanto alla squadra. Ma rimaneva un grande tifoso, sempre informato su tutto”.
La passione (come spesso accade) tramandata di padre in figlio, ha portato Fabio Tedeschi ad impegnarsi attivamente con Fabio Colombo nella Varese Academy che, sotto la guida di Gianfranco Ponti, gestisce tutta l’attività giovanile della Pallacanestro Varese alla ricerca di nuovi talenti che possano rinverdire la grande tradizione varesina. Anche quello era un pallino di suo padre che puntava tanto sulla creazione di giocatori fatti in casa:
“Stiamo provando a recuperare una tradizione che purtroppo è andata persa in questi anni a Varese ma anche in tutto il movimento. Dobbiamo provarci, anche per cercare di assicurare il ricambio generazionale che serve alla Nazionale”.