Il direttore di Sport Week, magazine della Gazzetta dello Sport, Pier Bergonzi ha intervisttato il patron dell'Olimpia Milano Giorgio Armani: di seguito il testo della intervista.
"Nel mondo, Giorgio Armani è King George, sinonimo del bello, della creatività e della cultura del nostro Paese. In Italia è l’icona dell’eleganza, la locomotiva della moda. A Milano è il signor Armani, così in empatia con la città da averne lo stesso carattere operoso, generoso e di poche parole. È stato tra i primi a capire la gravità dell’emergenza contagi, tra i primi ad aiutare gli ospedali e a riconvertire la propria azienda per confezionare camici monouso per chi lavora nell’universo della sanità. Sarà che da giovane sognava di diventare medico, sarà che il tempo ha ingigantito la sua proverbiale sensibilità… Fatto sta che Giorgio Armani, senza clamore, ci appare come una delle persone più vicine a chi soffre e a chi lavora per il bene comune. Per il futuro di tutti. Perciò ci siamo rivolti a lui, che è anche un uomo di grandi passioni sportive (tra il basket e i Giochi olimpici), per interpretare questi giorni di buio. Come sta vivendo il periodo di “resilienza” Giorgio Armani?
«Con la consapevolezza che lo sforzo di tutti ci farà uscire da questa difficile situazione. Con apprensione, per i miei cari, i miei dipendenti e me. Con determinazione, deciso a dare un messaggio positivo».
È stato tra i primi ad avviare una serie virtuosa di donazioni. Quando si è reso conto che la situazione era davvero grave?
«La situazione mi è apparsa subito molto preoccupante, tanto da aver deciso di presentare la sfilata della collezione Giorgio Armani, prevista per domenica 23 febbraio, a porte chiuse».
Ci ha molto colpito la sua lettera affidata ai giornali. I medici e gli infermieri sono i nostri nuovi angeli?
«I medici e gli infermieri sono in prima linea, sono coloro che stanno dando un contributo fondamentale in questo momento così drammatico, rischiando la loro salute e la loro vita. Siamo tutti in debito con loro e li dobbiamo rispettare e sostenere. Per questo alla lettera ho voluto far seguire un gesto concreto, convertendo la produzione di tutti gli stabilimenti nella realizzazione di camici monouso di cui gli operatori sanitari hanno estremo bisogno».
Milano, che lei ha adottato venendo da Piacenza, è sempre la città che “ha il cuore in mano”?
«Milano è la città che fa, senza troppo sbandierare. È concreta e di poche parole, un modo di essere in cui mi rispecchio molto ».
Le piace la metamorfosi di Milano? È cambiata in meglio?
«Cambia continuamente, ed è anche per questo che mi piace. Negli ultimi anni la sua crescita ha subìto una grande accelerazione facendole guadagnare una vera rilevanza internazionale. La differenza principale per me sta in questa proiezione della città nel mondo che, pur rendendomi orgoglioso, mi ha sempre fatto riflettere sulla conseguente perdita di una dimensione più intima, di un ritmo più lento, che rimpiango un po’. Ma ciò che non è mutato è senza dubbio la capacità insieme pratica e intellettuale di saper trovare soluzioni ai problemi, la forza, l’energia con cui ha sempre saputo reagire ai momenti difficili».
Un’altra città dove le piacerebbe vivere e perché?
«Ci sono posti bellissimi e città internazionali affascinanti, ma Milano è un luogo denso di segni, di simboli e rimandi a una mappa storica ed emotiva comune, e questo la rende unica. Non potrei immaginare di vivere altrove».
Come passa le sue giornate in casa?
«Sono impegnato, a volte più di prima, anche se mi manca lavorare a stretto contatto con i miei collaboratori, il confronto reale, guardandosi negli occhi. E mi manca, sullo sfondo, il rumore della Milano operosa».
Lei è considerato uno dei nostri grandi saggi. Crede più nell’istinto o nella ragione? «Credo nella ragione che supporta l’istinto. Anche se non si direbbe, sono un uomo di istinto. Ma serve sempre la ragione per dar struttura e forma alle cose».
La sua vacanza ideale?
«In barca e in casa, comunque guardando il mare: l’orizzonte aperto è la mia idea di libertà». Personalmente usa i social? Facebook, Twitter o Instagram?
«Appartengo a una generazione abituata a un altro genere di rapporti e connessioni, e continuo a preferire la carta stampata e le telefonate, anche se per lavoro, in questi giorni, ricorro a volte alle videochiamate. Ma so, in questo momento di isolamento sociale, quanto siano importanti le piattaforme digitali, che garantiscono il contatto tra le persone e lo svago».
La persona più interessante che abbia mai incontrato?
«Non faccio classifiche: il bello degli incontri è la sorpresa, e ogni incontro ti arricchisce».
E la più elegante?
«Ne ho incontrate molte nella mia vita e ciò che mi colpisce di più è l’eleganza inconsapevole, quella che traspare dai gesti e dal vestire ed è priva di ogni forzatura».
Che cosa c’è nel suo bicchiere?
«Acqua. Semplice, pura, cristallina e indispensabile».
È anche un produttore di vino... Un omaggio alla “sua” Pantelleria?
«Direi di sì. Un passito chiamato Oasi, intriso del sole magico e bruciante dell’isola».
I cretini... Continuano a non essere eleganti?
«Sì, purtroppo. Non c’è niente di più inelegante della mancanza di intelligenza».
Lei ha sempre avuto idiosincrasia per la mediocrità. Non le sembra che stia avanzando?
«La mediocrità è legata all’omologazione, e si supera con il coraggio dell’espressione individuale ».
Come reagiva alle voci su Bernard Arnault interessato al Milan?
«Senza dare troppa importanza. I pettegolezzi mi interessano poco».
Qualcuno sosteneva che il vero obiettivo di LVMH fosse l’Armani... Un vecchio sogno proibito di Arnault…
«Un sogno che per ora può rimanere tale. L’indipendenza è il mio vero lusso e non ho alcuna intenzione di rinunciarvi adesso».
È stato il primo a credere negli atleti come testimonial di moda: Shevchenko, Beckham... Qual è il valore aggiunto dello sport?
«Il valore aggiunto è duplice. Un atleta è un simbolo con un grande seguito, ma non è un modello di professione, e questo avvicina il pubblico. È un esempio concreto di volontà e dedizione che plasmano il corpo e la mente».
Cosa pensa del rinvio dell’Olimpiade di Tokyo al 2021?
«Le Olimpiadi sono un evento gigantesco, che coinvolge il mondo intero e farle svolgere in totale sicurezza è un messaggio importante, oltre che una decisione saggia. Sono sempre d’accordo quando si tratta di dare la priorità alla sicurezza delle persone coinvolte, è una scelta che, come sa, ho recentemente fatto anche io».
Suo papà Ugo è stato calciatore del Piacenza, nella città di Pippo e Simone Inzaghi che stanno facendo benissimo con il Benevento e la Lazio. Li segue?
«Li seguo da lontano, come piacentino, apprezzandone il lavoro ».
Chi è il “suo” calciatore (di sempre) del cuore?
«Non un calciatore, ma l’intera Nazionale italiana campione del mondo nel 1982. È un ricordo così intenso, legato anche agli anni del mio primo successo, che proprio non mi abbandona. Un’espressione di orgoglio italiano che è importante oggi più che mai».
Le mancano le serate al Forum per le partite dell’Armani?
«Certo che mi mancano. Torneranno presto».
Perché ha scelto di stare vicino al basket in particolare?
«Il basket è una passione di famiglia: lo giocavano sia mio fratello che mia sorella. È uno sport adrenalinico, di grande impatto visivo, nobile direi. Mi stimolano questi aspetti».
L’Olimpia, con Ettore Messina, sarà finalmente all’altezza delle sue aspettative?
«È una scelta che ho fatto proprio in questa prospettiva, presa insieme a Leo Dell’Orco, presidente della squadra dallo scorso anno e al quale riconosco entusiasmo e senso pratico. Messina ha già dato un’impronta nuova di metodo e cultura, e con il tempo sarà sempre più evidente anche nei risultati».
Qual è stato il campione dell’Olimpia con il quale si è divertito di più?
«Cerco sempre il meglio, divertimento incluso, da tutti. Ma tra i grandi del passato dell’Olimpia non posso non citare Mike D’Antoni e Dino Meneghin: a entrambi abbiamo ritirato il numero di maglia in cerimonie indimenticabili. Nessuno indosserà mai più le loro maglie numero 8 e 11».
Quali sono gli atleti, uomo e donna, più eleganti?
«Per gli atleti vale la stessa regola di tutti. L’eleganza viene da dentro, è un gesto, un modo di porgersi. Non amo gli esibizionismi ».
Ha sempre dei gatti?
«Li ho! E sono di grande compagnia».